L’abbazia è il cuore e il centro lungo la Via Francigena attorno al quale si è formato il centro di San Martino al Cimino, compreso nel territorio di Viterbo, dalla storia fascinosa.
Un centro nato nel IX secolo vicino ad una piccola chiesa dei benedettini, su un terreno donato all’Abbazia di Farfa nel 838, che poi venne spostata.
La costruzione della abbazia venne favorita da papa Eugenio III che era un cistercense e la affidò ai monaci dell’ordine di origine francese.
Un forte impulso è stato poi dato da Innocenzo III molto attivo nella zona di Viterbo per cercare di riunire le comunità monastiche sparse e favorire il riavvicinamento dei numerosi eremiti.
Innocenzo III è il papa che ha incontrato San Francesco e ha dovuto ricreare un legame con tutti coloro che predicavano contro le ricchezze della chiesa.
L’abbazia di San Martino è stata consacrata nel 1225 ma già nel 1300 iniziarono i primi problemi e il complesso venne in parte abbandonato anche per le condizioni metereologiche del posto.
Il massimo splendore si ebbe poi sotto papa Innocenzo X Pamphilj che nominò sua cognata Olimpia Maidalchini principessa di San Martino al Cimino.
Olimpia diede vita ad un rinnovamento urbanistico e architettonico di tutto il borgo e alla costruzione di un magnifico palazzo dove un tempo si trovava il convento dell’abbazia.
Risale a questa fase il passaggio dai monaci ai preti che ancora la gestiscono.
La facciata della chiesa presenta quindi dei caratteri Seicenteschi con due grandi torri campanarie, con orologio e meridiana, ai lati dell’ingresso in stile gotico. Le due torri avevano anche una certa funzione statica di supporto.
Sopra la porta di ingresso si distingue immediatamente lo stemma di Papa Innocenzo X.
La pianta della chiesa è a croce latina con tre navate di cui quella centrale è illuminata da un grande finestrone gotico centrale scolpito ed arricchito da un prezioso rosone.
La chiesa presenta ancora i caratteri austeri dei monaci cistercensi uniti in alcune zone con alcuni stili successivi.
Al suo interno è custodito lo Stendardo Giubilare per l’anno santo 1650 fatto realizzare da Donna Olimpia dall’artista Mattia Preti e qui sono seppelliti Donna Olimpia e suo nipote Gerolamo Pamphilj, ultimo discendente della casata e morto nel 1760.
Di tutto il convento, in gran parte trasformato nel palazzo Doria Pamphilj, resta la Sala Capitolare che si presenta ancora con i caratteri tipici degli archi ogivali gotici dell’architettura cistercense. Anche se ha un pavimento in marmo bianco e nero realizzato dal Borromini e gli affreschi del Seicento.
Questa è la sede della Confraternita del SS. Sacramento e S. Rosario.
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