Nella zona centrale dell’isola di Ventotene si trovano le cisterne romane che erano il cuore del sistema idrico e che garantivano l’approvvigionamento nelle zone abitate.
Le cisterne sono due enormi serbatoi capaci di raccogliere direttamente le acque piovane e indirettamente quelle di filtrazione grazie alla loro particolare struttura.
La Cisterna di Villa Stefania si estende per circa 700 mq mentre quella dei Detenuti si estende oltre i 1200 mq l’altra. Entrambe sono ancora intatte grazie al loro rivestimento in cocciopesto.
Le cisterne romane: da acquedotto a carcere
In un’isola priva di sorgenti naturali il problema dell’approvvigionamento idrico è fondamentale per la vita.
Gli ingegneri romani progettarono e realizzarono una mirabile opera con grandi bacini a caduta che raccoglievano l’acqua piovana, la convogliano in una vasca di decantazione per trattenere i detriti e poi la immagazzinavano in una serie di grandi cisterne sotterranee scavate nel tufo.
Una serie di condotte distribuiva poi l’acqua dalle cisterne a tutta l’isola con un perfetto equilibrio di pendenze ben calcolate in cui l’acqua non stagnava e non correva troppo veloce.
I romani sono riusciti a garantire la conservazione e la potabilità dell’acqua nelle cisterne grazie all’impermeabilità delle pareti rivestite di cocciopesto, frammenti di laterizi legati con malta, e alle pendenze della cisterna che favorivano il movimento e la circolazione dell’acqua sfruttando il diverso peso delle acque alle diverse temperatura.
Le cisterne avevano poi un ricambio costante di aria e le presenze di capitoni che garantiva pulizia e continua ossigenazione.
Nel ‘700 i Borboni per il loro progetto di comunità sociale per Ponza e Ventotene chiamano al lavoro 100 forzati che vennero alloggiati in una delle antiche cisterne dell’isola che da quel momento lì prenderà il nome di“Cisterna dei Carcerati”.
Oggi è ancora visibile l’opera di questi uomini che tentarono di rendere la loro prigione una dimora più accogliente.
Sono visibili disegni di paesaggi che forse rievocano i loro paesi d’origine, graffiti con il chiaro messaggio di libertà come barche e scalinate che conducono verso il sole.
Una serie di numeri consecutivi in una delle gallerie più esterne fa penare ai giacigli dei carcerati e in quella che forse era l’infermeria.
Finita la costruzione della Ventotene Borbonica i galeotti lasciarono l’isola e la cisterna venne abbandonata, ma la sua storia ancora oggi riempie lo spirito dell’Isola amata dai Borboni.
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