Originariamente Palazzo Doria Pamphilj era il palazzo baronale dei Barberini costruito su una precedente fortezza a Valmontone.
La sua forma attuale viene dalla ristrutturazione del principe Camillo Pamphilj che nel 1651 voleva creare una città ideale, la cosiddetta Città Panfilia, che comprendesse non solo il palazzo, ma anche la vicina chiesa e altri edifici, come stalle, magazzini, abitazioni. Il palazzo ha 365 stanze, molte delle quali affrescate.
Durante la guerra il palazzo ospitò i cittadini di Valmontone. Oggi è sede della vita sociale del paese e ospita il Museo storico di Valmontone.
Gli Affreschi del Palazzo
Il ciclo di affreschi che si possono ammirare al piano nobile di Palazzo Doria Pamphilj rapiscono il visitatore tenendolo con il naso all’in su e fanno del grande palazzo, insieme alla monumentalità della sua struttura, una delle testimonianze più rappresentative del territorio oltre a rappresentare un momento fondamentale della pittura romana del Seicento.
Camillo Pamphilj, nipote di papa Innocenzo X, aveva acquistato dal cardinale Francesco Barberini il feudo di Valmontone nel 1651 e già a partire dal 1657 iniziarono i primi interventi pittorici.
L’impresa pittorica, riguardò le quattro Stanze maggiori ed i quattro Camerini del piano nobile. La superficie dipinta interessava quasi esclusivamente le volte ad eccezione del Salone del Principe in cui vennero dipinte anche le pareti a trompe l’oeil.
È il maestro Pier Francesco Mola che esegue gli affreschi rappresentanti l’America, l’Africa e l’ormai perduta Aurora e sempre lui iniziò l’affresco dedicato all’Aria che, a causa di una controversia riguardante il pagamento pattuito con Camillo Pamphilj, fu terminato dal Mattia Preti.
Vari e vani furono i tentativi di riportare il maestro a Valmontone, tanto che Camillo, offeso dal comportamento dell’artista, fece distruggere nel 1659 da Francesco Cozza (altro artista chiamato ad intervenire nel cantiere pittorico) l’affresco incompiuto.
La prima stanza affrescata che si incontra salito lo scalone sul lato meridionale del palazzo è la Stanza del Fuoco. Gli affreschi sono opera dell’artista Francesco Cozza. Appena al di sopra della cornice che lo contiene inizia l’affresco che non presenta divisioni o ripartizioni.
La fascia basamentale dell’affresco è un susseguirsi di figure di uomini intenti nella lavorazione del metallo all’interno della fucina di Vulcano mentre al centro della volta capeggia Venere, compagna del dio del Fuoco. Nella grande composizione si alternano numerose figure di eroi e divinità.
La successiva Stanza dell’Aria è stata affrescata in soli 16 giorni da uno degli ultimi artisti che prendono parte alla fabbrica di Valmontone: Mattia Preti.
Le tradizionali partizioni architettoniche, rintracciabili nelle Stanze dell’Acqua e della Terra e probabilmente nell’originario disegno del Mola per questa stanza, vengono eliminate: le figure rappresentate fluttuano liberamente nello spazio come se stessero realmente volando nell’aria. Al centro della scena viene raffigurata la personificazione dell’Aria, circondata dalle Ninfe e dai Venti; agli angoli si trovano le figure allegoriche del Tempo, dell’Amore, della Fama e della Fortuna.
L’incessante alternarsi delle fasi del giorno è scandito dalla presenza, ai lati, dei carri astrologici: Aurora anticipata da angeli sparge i fiori, Apollo sul suo carro scintillante trainato da cavalli bianchi sono l’allegoria, rispettivamente, della Mezzanotte e del Mezzogiorno. Diana che si allontana da Endimione dormiente è la Sera, la Notte è una bellissima figura assopita sul suo carro, ai piedi del quale il pittore si ritrae mentre si riposa dopo le fatiche della giornata.
Lasciata quella dell’Aria si passa alla Stanza dell’Acqua, dipinta da Guglielmo Cortese, allievo di Pietro da Cortona. Proprio all’impostazione impartita dal grande maestro del primo Barocco si può ricondurre lo schema di ripartizione in finti stucchi che divide la volta in cinque riquadri: in quelli laterali vengono rappresentati le divinità legate all’acqua come Nettuno, mentre in quello centrale ci sono Amorini che scoccano frecce ed un fanciullo che si affaccia versando acqua da una conchiglia.
La successiva Stanza affrescata da Giambattista Tassi è dedicata alla Terra la cui personificazione impugna scettro e globo e guida un cocchio trainato da leoni cavalcati da un putto.
Infine la grande Sala del Principe sulle cui pareti è ricreata una architettura illusoria composta da un colonnato che sorregge un terrazzo con giardino pensile da cui si affacciano delle figure riconducibili a personaggi della corte dei Pamphilj. Nella volta, imponente, lo stemma della famiglia alla quale si devono queste impareggiabili opere.
Seguici sui social