

Già nel IV secolo a.C., Cariati era abitata dall’antico popolo dei Brezi o Bruzi di cui abbiamo testimonianza in una necropoli e soprattutto nella superba ‘Tomba del guerriero Brezio’ ritrovata solo nel 1978. I contadini la avevano scambiata per la sepoltura di un soldato tedesco e avevano chiamato i Carabinieri che hanno poi riconosciuto una delle migliori scoperte archeologiche. L’armatura e il corredo sono aggi al museo della Sibartide.
I bruzi erano un popolo orgoglioso e coraggioso e i suoi guerrieri venivano definiti come ‘brettii’, ossia ribelli, dai Lucani.
Cariati ha avuto molti nomi: il primo insediamento della Magna Grecia alla foce della fiumara Fiumenicà si chiamava Chone o Korion, ‘abitante della Carie greca’ in ricordo della origine degli abitanti della città. Da segnalare una scultura di un Ercole che oggi si trova nel Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria.
La storia cambiò con l’arrivo dei Romani che lo ingrandirono e lo chiamarono Paternum.
Anzi una ipotesi sulla etimologia del nome ‘Cariati’ lo collega proprio agli attacchi dei saraceni e al fatto che la popolazione era stata costretta a spostarsi a monte trasportando i suoi beni sui carri, da cui ‘Carriati’.
Durante il periodo Bizantino, Cariati faceva parte di una Universitas che riusciva ad avere controllo sulla struttura sociale del paese. In questo periodo arrivano da Bisanzio i monaci Basiliani che diffondono il rito ortodosso e portano con sé il culto di alcuni santi.
Da notare che il padre di papa Giovanni XVI era nato a Cariati e questo è indizio di un certo prestigio della cittadina nell’alto medioevo.
Poi arrivarono i Normanni con Roberto il Guiscardo, che nel 1059 presero la città, la dichiararono contea e diedero di fatto inizio al feudalesimo.
Il periodo Bizantino è quello che darà l’impronta al borgo di Stilo e che porta alla costruzione della famosissima Cattolica, una chiesa a pianta quadrata divisa a sua volta in 9 parti con 5 cupole. Una leggenda narra che le sue colonne provenissero da un edificio romano e che furono portate come per miracolo in spalla da giovani che avanzavano cantando.
Il senso di comunità è poi supportato dai monaci Basiliani che arrivavano da Bisanzio portando con sé i loro riti della chiesa ortodossa e la lingua greca, intorno al IX secolo. I monaci vivono in grotte nelle montagne, e se ne possono trovare alcune ancora affrescate. Con l’arrivo dei Normanni sempre attratti dalla ricchezza mineraria, Stilo ebbe una certa autonomia e dipendeva direttamente dal re che voleva il controllo delle materie prime e soprattutto del ferro. E questa situazione di indipendenza continuò con le conquiste Angioine e Aragonesi fino ai Borbone che la diedero in signoria o feudo.
Questa indipendenza ha portato ad una ricchezza distribuita che si può ritrovare negli splendidi palazzi e costruzioni del borgo antico.
Le rovine del castello edificato da Ruggero II il Normanno sono ancora visibili e si distinguono torri e murature inerpicate sulla roccia a dominare un vasto territorio. Un castello vastissimo ma lontano dal paese e in parte a strapiombo sulla valle e che oggi si trova su due comuni. La sua forma allungata lo fa sembrare una freccia dall’alto.
Nel XIV secolo arrivano gli spagnoli con Carlo V che cancellerà tutti i privilegi di Stilo e nel 1523 concesse la signoria e le ferriere a Cesare Fieramosca, fratello del famoso Ettore della disfida di Barletta e poi la vendette ai Concublet di Arena.
Nel 1568 a Stilo nacque il famoso filosofo Tommaso Campanella, cresciuto nel locale convento dei domenicani, che organizzò anche una ribellione contro gli spagnoli di Filippo III. Autore della famosa ‘Città del sole’ è stato uno dei pensatori più moderni e forse anche per questo dovette subire cinque processi.
Con le miniere arrivarono anche le imprese per la lavorazione del metallo e nel 1658 Stilo ancora una volta fu dichiarata comune libero e divenne uno dei centri industriali di eccellenza fino all’unità d’Italia, attraverso diversi stabilimenti ogni volta più moderni. Qui
vennero prodotti tutti i tubi dell’acquedotto di Caserta e per la sua reggia e poi nel 1770 la fabbrica si spostò a Mongiana.
Alcuni racconti e storie del periodo industriale di Stilo si possono trovare nel Museo del territorio e dell’archeologia industriale.
Il terribile terremoto del 1783 ha danneggiato seriamente anche il borgo di Stilo e anche la famosa Cattolica. Con l’arrivo dei francesi, nel 1806 il borgo venne saccheggiato e con l’unità d’Italia continuò il declino di quella che era stata una delle capitali industriali mondiali.
Fra gli eventi da non perdere, un posto d’onore va dato al ‘Palio della Ribusa’ e al corteo in costume con artisti di strada in costumi storici che si svolge la prima settimana di agosto.
Il patrono è San Giorgio ed è legato ad una leggenda nata durante uno degli assalti dei Turchi che avevano assediato il borgo cercando di far morire di fame la popolazione. Il santo, nelle vesti di un giovanotto, disse di lanciare delle polpette fatte con latte materno ai turchi i quali, pensando all’abbondanza che ancora aveva la città e alla fatica dell’assedio, abbandonarono il campo lasciando libera Stilo.
Fra le frazioni di Stilo: Bordingiano, Caldarella, Maleni, Napi e Malafranò.
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