Che compleanno!
Il Museo del Rugby Fango e Sudore di Artena festeggia il suo decennale con una mostra unica al mondo: una esposizione della prima maglia degli All Blacks a giocare in Europa nel 1905.
Una maglia che è arrivata direttamente dal museo di Palmerston North (Nuova Zelanda) portata dal direttore del museo Stephen Berg che inaugura la mostra e che ha dovuto avere un permesso speciale dal governo neozelandese per poterla portare ad Artena in Europa.
La maglia ha un significato speciale ed è stata indossata nella prima Tournée degli All Blacks in Europa.
Era il 1905 e la nazionale neozelandese, che a quel tempo si chiamava ancora con il nome ‘The Originals’, aveva percorso 40 giorni su una nave per poter raggiungere l’Europa e giocare nell’emisfero settentrionale.
La partita di esordio era stata in Inghilterra con una selezione del Devon e dal momento della loro entrata in campo tutti restarono stupiti. Nelle loro divise nere decorate con una falce d’argento i giocatori iniziarono la tradizionale Haka con la quale lanciavano la sfida e si presentavano come un gruppo compatto, con un solo spirito.
Il risultato di quella partita fu di 55 a 4 per i neozelandesi e quel giorno il loro nome cambiò in All Blacks grazie ad un articolo di John Buttery, un giornalista del Daily Mail. Si dice che il titolo originale fosse All Backs, dedicato alle loro posizioni in campo, ma il tipografo che realizzava la stampa del giornale pensò che fosse un errore e che il giornalista intendesse fare un riferimento al colore della maglia.
Da quel momento in poi per tutto il mondo la squadra neozelandese è universalmente conosciuta come gli ‘All Blacks’.
La maglia che è arrivata al museo di Artena apparteneva a Jimmy Hunter, il giocatore più basso della squadra ma capace di realizzare 44 mete e con i suoi compagni di vincere 35 incontri su 36. Solo il Galles riuscì a vincere contro gli All Blacks.
Questa maglia era stata poi acquistata dal NZRM - New Zealand Rugby Museum degli All Blacks 15 anni fa per 5.000 dollari neozelandesi e da allora è diventata uno dei miti della nazione. Il museo stesso è il custode di quella che forse è la più antica tradizione neozelandese, quella per cui tutto il mondo conosce e apprezza questo paese lontano da tutti e da tutto.
Ma la storia dell’arrivo di questa speciale maglia degli All Blacks ad Artena parte da molto lontano quando qualche anno fa Corrado Mattoccia, il direttore del museo di Artena che oggi è riconosciuto ufficialmente dalla Federazione Italiana Rugby, si reca in Nuova Zelanda per seguire le partite e decide di andare a conoscere di persona il museo degli All Blacks.
Con un suo amico guidano per 14 ore per arrivare al museo e stabiliscono un contatto umano e inizia una collaborazione.
Da vero collezionista, con oltre 1.800 maglie e 15.000 oggetti da tutto il mondo nel museo di Artena, in questi 10 anni Corrado è diventato uno dei massimi esperti mondiali di contraffazione. La collezione di Artena è diventata un punto di riferimento per sapere il tipo di tessuto, di filo, di impuntatura che si usavano per le maglie di ogni periodo e di ogni paese e Corrado viene chiamato per verificare i falsi.
La sua bravura è tale da essersi meritato una lettera di ringraziamento dagli All Blacks e questa mostra per i 10 anni del museo è il ringraziamento a quello che il museo sta facendo per questo sport.
La mostra della Maglia del 1905
In occasione della mostra sono state fatte alcune richieste al museo di Artena sul tipo di luci e di microclima che doveva avere la sala ma questo non è tutto.
La maglia viene esposta nella sala dedicata agli All Blacks e per ospitarla è stato chiamato l’architetto Roberto Felici che ha creato una vera installazione artistica.
La maglia è poggiata su un mondo stilizzato come una gabbia in acciaio inox sospesa nel cielo, mentre sul pavimento è stato poggiato un grande disco in acciaio Cor-ten, ossia coperto da una patina (ossidazione) che lo fa sembrare arrugginito.
L’architetto ha voluto dare diverse chiavi di lettura alla sua opera: da una parte gli All Blacks come centro del mondo del rugby e la maglia posta al centro di questo mondo.
Questo mondo elegante che custodisce la storia è poi riflesso nel mondo comune sulla terra, dove ci siamo tutti noi. Dove ci sono le partite che si giocano ogni giorno in varie parti del mondo, il sudore dei bambini e dei grandi, le grida dei tifosi e le birre del terzo tempo.
Un’altra chiave di lettura è quella per cui il mondo sospeso nello spazio richiama anche la vicina industria aerospaziale italiana, l’Avio, che è uno dei fiori all’occhiello di questo territorio. Qui vengono costruite alcune parti dell’Arianne, il vettore Europeo che porta i satelliti nello spazio.
‘Mi sono divertito a creare qualcosa che creasse ponti fra i nostri paesi. Sono orgoglioso di essere stato chiamato e per me questo museo dentro palazzo Traietti nel centro storico di Artena rappresenta uno dei migliori esempi di rigenerazione urbana. Il centro storico di Artena è tornato a fiorire e a vivere’- ci dice Roberto Felici.
Ora non è più insolito sentire parlare lingue straniere e avere nuovi visitatori fra le vie del centro pedonale più grande d’Europa, magari a dorso di un asino con cui dal museo si possono prenotare visite al borgo antico.
Il museo del rugby di Artena
Ma come nasce questo museo e come arriva a riempire 600 metri quadri di un palazzo storico di Artena?
Tutto inizia 10 anni fa nel garage di Corrado Mattoccia: c’è sempre un ‘numero uno’ in ogni collezione. Corrado riporta una maglia di Mirco Bergamasco al figlio e decide di esporla per farla vedere ai suoi amici.
Amici particolarmente appassionati che a poco a poco si fanno coinvolgere dalla passione di Corrado e iniziano a seguirlo nelle sue ‘follie’. Sono loro a costruire le prime cornici e sono loro che iniziano a organizzare cene per sostenere il museo.
Si vedono ogni settimana e per anni si sono tassati per poter far crescere il loro sogno. Le cene del venerdi sono diventate un appuntamento per molti e lo stand del ‘terzo tempo’ del museo del rugby è praticamente presente in ogni manifestazione locale per raccogliere fondi del museo.
Una menzione particolare va al cuoco Ubaldo Mattozzi che è anche il falegname che ha realizzato quasi tutti gli arredi. Ormai è talmente bravo che è praticamente diventato uno chef mentre coinvolge la moglie nelle serate perché tra il suo lavoro e quello volontario per il museo non riuscirebbe a vederla. Ma a tavola servono tutti: da Corrado ai suoi figli e alla compagna Simona.
Senza questo impegno non sarebbero riusciti a passare da un garage al museo più grande al mondo dedicato al rugby.
Ed oggi circa mille persone al mese visitano il museo e qui sono venuti in visita giocatori delle nazionali della Nuova Zelanda, Argentina, Sud Africa, Inghilterra e Galles.
I maggiori quotidiani come Repubblica o riviste patinate come Glamour gli dedicano inserti mentre alla radio raccontano la storia di Corrado Mattoccia e del suo sogno.
Ma non finisce qui, e mentre sono al museo gli scrive il segretario del sindaco di Tokyo che gli ha già riservato uno stand a Toyota e uno a Tokyo in occasione dei prossimi mondiali di rugby del 2019.
Festeggiamo insieme a tutto il gruppo degli amici del museo, mandiamogli qualcosa per continuare a crescere e far arrivare sempre più turisti ad Artena e se avete una vecchia maglia di un giocatore di rugby potete spedirla.
Noi continueremo a partecipare alle cene del venerdì.
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