Su Discoverplaces vi abbiamo presentato il piccolo centro di Montecarotto nelle Marche come “il borgo degli orologi a torre e del suo orologiaio Pietro Mei”
[caption id="attachment_113133" align="center-block" width="750"] Montecarotto by Giuliano Betti[/caption]
Il torrione custode del tempo che è diventato simbolo di questo piccolo centro racconta una eccellenza artigianale ma anche una eccellenza agroalimentare del territorio.
Questi splendidi meccanismi ottocenteschi hanno avuto la funzione di quantificare il tempo, da sempre uno dei primi nemici del vino bianco.
Il famoso detto che “invecchiando migliora” si riferisce in effetti di solito al vino rosso, e a quello buono. Ma ci sono delle eccezioni, una di queste cresce proprio intorno a Montecarotto nei Castelli di Jesi, e si chiama Verdicchio.
Questo vitigno a bacca bianca è considerato unanimemente uno dei più importanti per la sua capacità di invecchiamento. Esistono degustazioni “verticali” (ovvero dello stesso vino di annate diverse) capaci di andare indietro nel tempo di 20 e anche 30 anni.
Qualcosa di anomalo, teoricamente, per i vini bianchi. In realtà si tratta di una eccellenza tutta marchigiana, quasi incontrastata nel resto d’Italia. I vini bianchi capaci di invecchiare così a lungo si contano sulle dita di una sola mano.
Ma forse la cosa più bella di questo vitigno, che in zona ha visto i primi impianti specializzati ad inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, è proprio la sua ambivalenza.
Il Verdicchio è in effetti eclettico, la maggior parte di noi lo conosce come vino giovane e fresco, perfetto per gli abbinamenti con la cucina di pesce, le verdure, i primi piatti della tradizione del centro Italia tutto.
Ma, ribadiamo, la sua capacità di invecchiamento ne fa emergere la massima eleganza e potenza, si tratta di un vino bianco capace di rivaleggiare con i grandi Riesling tedeschi, bocca ancora viva e sentori di idrocarburi e spezie al naso.
Un’espressione del territorio di grande classe, logica conseguenza di un percorso produttivo che è partito nel 1969 con il riconoscimento della DOC, Denominazione di Origine Controllata, Verdicchio dei Castelli di Jesi.
Un passaggio a vuoto ha visto il vino diventare un simbolo popolare dell’Italia degli anni Ottanta, con prezzi bassi e grandi quantità, purtroppo non di altissimo livello.
Ma la ripresa c’è stata e si è concretizzata in una sterzata qualitativa importante che, nel 2010, ha portato al riconoscimento della DOCG, Denominazione di Origine Controllata e Garantita, per la versione Castelli di Jesi Verdicchio Riserva (mentre è rimasta Doc la versione giovane “Verdicchio dei Castelli di Jesi”).
In parallelo è cresciuta anche la denominazione della vicina Matelica con il Verdicchio di Matelica DOC e Verdicchio di Matelica Superiore DOCG, portando il vino bianco delle Marche ad essere il più premiato dalle guide italiane.
Molte le aziende capaci di strutturare entrambe le versioni, rimanendo nei Castelli di Jesi segnaliamo tra le più famose sicuramente Villa Bucci o la storica Fazi Battaglia, ma anche Marotti Campi, Stefano Antonucci, La Staffa e una realtà grande e storica come Moncaro.
Quest’ultima ha un legame in più con il nostro borgo degli orologi, infatti Moncaro ha sede a Montecarotto. Tanta la cura in vigna e poi in cantina per diversi vini e soprattutto diverse tipologie di Verdicchio, che rappresenta come vitigno singolo ben 450 ettari sui circa 800 totali.
Quattro le tipologie firmate Moncaro: Le Vele (Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico), Ca’ Ruptae (Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore), Vigna Novali (Castelli di Jesi Verdicchio DOCG Classico Superiore) e Tordiruta (Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Passito).
Nel 2016 ho avuto la fortuna di assaggiare un “Vigna Novali” del 1994, 22 anni dalla vendemmia e non solo non c’erano problemi ma, anzi, il vino era eccezionale!
A Montecarotto dunque il tempo si misura con gli orologi, per il vino fatto bene invece è inutile rincorrerlo perché il risultato sarà sempre sorprendente!
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