Terracina è mare, ma anche montagna.
Soprattutto è tappa di viaggi, di andate e ritorni, così come è senza dubbio terra adatta a fare vino, e che vino!
Ho letto tutto di un fiato il racconto di Herta Klinger (leggila qui) e del suo primo viaggio dalla Germania a Terracina, così come della scelta di rimanere a viverci definitivamente.
La sua storia mi ha riportato alla mente una chiacchierata fatta un paio di anni fa a pranzo con una famiglia per me speciale, non solo per i buoni vini che fanno ma per la naturalezza e il sorriso con i quali te li raccontano.
Parlo della famiglia Pandolfo, di Gabriele e del figlio Andrea, protagonisti di uno dei successi enologici del Lazio.
Anche per la loro storia il viaggio è importante, sebbene talvolta triste e difficile come quello che dovette affrontare Gabriele di ritorno dal Nord Africa, dopo la nazionalizzazione di tutti i beni della sua famiglia da parte del governo tunisino.
L’approdo a Terracina è stato quindi meno felice di quello di Herta ma, con il lavoro e la voglia di fare, i Pandolfo hanno dato vita alla Sant’Andrea, una realtà che va anche oltre la produzione di vino ed è impegnata in altre colture e ha avviato una attività di accoglienza.
Con il loro lavoro è iniziata in modo importante la riscoperta e il rilancio del Moscato di Terracina, un vitigno aromatico autoctono, versatile e con una imprevista capacità di dare il meglio… in montagna!
Sì, perché questo è il viaggio che vi invito a fare oggi: andare a scoprire quello che c’è alle spalle delle bellissime spiagge e dello stupendo centro storico di Terracina.
Incuneata tra ripidi costoni rocciosi dei Monti Ausoni e affacciata verso il mare c’è San Silvano, la valle storica dei vigneti di Terracina.
Si tratta dell’area tradizionale della viticoltura terracinese, della quale San Silvano è protettore, e prevede ovviamente la coltura mista, uliveti
soprattutto, poi vigneti e alberi da frutto, un po’ di pastorizia dove la zona è più impervia.
Qui il Moscato era coltivato come uva da tavola, per fortuna però si è scoperta la sua doppia vocazione, quella vinicola, che l’ha salvato dalla concorrenza straniera per l’uva da pasto.
Salendo fino a 400 metri sul livello del mare si arriva a Campo Soriano, un altipiano di origine carsica divenuto Monumento Naturale, degli 800 ettari complessivi 12 sono stati recuperati, a cominciare dal 1998, dalla famiglia Pandolfo per ristrutturare alcuni vecchi vigneti.
Viste le condizioni è bene parlare di “viticoltura eroica”, l’area d’altronde è stata riconosciuta dal CERVIM (Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna, in Forte Pendenza e delle Piccole Isole) come zona di montagna appunto.
Tanta la soddisfazione dei Pandolfo per il lavoro fatto, che trova la sua massima espressione nell’HUM, la tipologia più pregiata di Moscata di Terracina prodotta dalla cantina Sant’Andrea. Ci dice Andrea Pandolfo:
“Ci sono voluti quasi 14 anni per riuscire a sistemare tutto. La prima vendemmia è del 2012 ma siamo davvero contenti di quello che abbiamo fatto. Anzi, qui intorno ci sono altri vecchi vigneti che alcuni anziani non riescono più a gestire, ce li vorrebbero dare e noi saremmo ben felici di proseguire in questa operazione di recupero ma la burocrazia spesso è imprevedibile”.
Hum è il nome della grande roccia che s’innalza al cielo al centro di Campo Soriano. Per l’azienda dei Pandolfo simboleggia un “cru” aziendale e i risultati gli danno ragione.
Si tratta di un vino bianco da invecchiamento, gli assaggi fatti sull’annata 2013, a 6 anni di distanza, hanno dimostrato grandi possibilità con bellissime sensazioni olfattive che vanno dalla parte muschiata, terziaria, a quella fruttata in sottofondo.
L’assaggio è contrassegnato da freschezza e la sapidità, tipiche di un vino di montagna.
Da bere magari davanti un bellissimo tramonto a Terracina!
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