Senti qua. Sbatto il naso oggi su una specie d'Urlo di Munch.
Littizzettooo!, direte voi subito!.
Macchè.
La faccia è l'altrettanto orripilata e sdegnata epperò furbetta d'una giovincella stile appunto Minchia-Sabry. La nostra "raga", avvolta da solita serpe tatuata al collo, si gonfia spericolata di vene e contro-vene e auto-scatti e frasi d'aiuto.
"Zzzo èèè la traasgreeessioooneee... stupitemi ggeeentee... stupitemi, se vi riesce!", implora la tapina.
Mi commuovo. Penso potrebbe essere mia figlia! (per quanto...), ma comunque, pare lì per lì che c'abbia bisogno d'una mano la raga: che so, magari due sole paroline di speranza.
Tento allora subito l'approccio paterno.
Dico che forse...un tentativo si potrebbe pure abbozzare, che ci si potrebbe stupire proprio da Noi, cioè nel senso del Di Noi da soli... no maledizione! e... volevo dire stupire lei ammmia, tanto a dire...cioè lei tra di noi. Nulla.
"Stupitemi, mooraliistiddimmeerdaa!!. Traasgressioone! insiste. Fine.
Vado al mare.
A fondo spiaggia, appoggiato coi suoi legni in acqua, emerge uno di quei bei cavalletti da disegno. Proprio a fianco, Lui!; il Pittore.
Piccolo, robusto e una barbaccia che gli incornicia il magnifico volto siculo.
Spalle e tela rivolte al mare, vestito da testa a piedi, l'uomo si guarda dietro, di fianco, attorno e dipinge e dipinge e dipinge.
Poi indugia. Osserva quei tratti di pennello, quei colori che impiastrano la tavolozza lì poggiata.
Nessuno che s'osi avvicinarsi a quel cavalluccio marino dalle zampette ben bene immerse nella bagnata sabbia della stupenda spiaggia di Timpi Russi.
In più, l'artista non aiuta gran che.
Dallo scoglio dov'è seduto, ci sbircia con l'aria severa di chi non vuol far comunella. Mica è ritrattista lui! Riguarda estasiato l'acqua lui!: le bianche boe più al largo e due vecchie barche là ammuffite.
Il posto è per lo più inaccessibile per via di scogli che ne impediscono il bagnetto e gli scostumati, pur curiosissimi, ben si guardano.
Il paesaggista, intanto aspira e s'ispira; annusa l'aria salmastra che lo circonda e ridipinge e ridipinge e ridipinge.
Non resisto. Basta! Vado mi dico, Ci vado.
Salgo su quella pietra scivolosa e, unico privilegiato, osservo la telaccia. Magnifica! Rimango fulminato.
L'isolano non fa una piega. Mi guarda serafico e fa l'occhiolino. M'avvicina allora un manipolo di curiosi e io me ne rimango lì muto. Faccio segno che non posso dire...che ho giurato a quello...
Mica sono scemo!
Mica ce lo vado a dire a 'sto bel pezzo di spiaggia, di tutto il popò di Natura Morta, di tutto 'sto bel quadro di cesti di pigne e castagne, adagiato su una sedia impagliata e con dietro pennellato uno sfondo montano non malaccio di vette innevate, abeti e, credo, pure un camoscio.
Minchia, Sabryyyy!.

Diario di Babordo dalla spiaggia Timpi Russi di Sciacca
powered by social2s
Seguici sui social