Passato più di un mese dal “Mondo di Energitismo” a Villa Tacchi appare nel web un dipinto di Gjergj Kola: il pittore ritrae se stesso (e un suo quadro) mentre ritrae Daniela (che spia il suo ritratto) accerchiato da un crocchio di spettatori su sfondo multicolore.
La scena è vivace, una vera e propria istantanea che cattura l’emozione del momento, i personaggi sono definiti da pochi e veloci tratti del pennello e seguendo gli sguardi riviviamo le loro sensazioni: Gjergj è concentrato nella creazione e “dialoga” con la tela che ha di fronte, Daniela smette di posare per un attimo troppo curiosa di spiare il suo ritratto, Gavin si gode rilassato la scena mentre Antonella gli lancia uno sguardo sornione, Nicoletta guarda oltre la tela, Giampietro c’è ma sembra altrove (che stia pensando alla seta?) e lo sguardo di Claudia ci riporta al centro dell’opera, il ritratto.
Tutti questi rimandi e giochi di sguardi tra la realtà e la sua rappresentazione su tela mi ricordano un libro, “Il Ritratto di Dorian Gray”, di Oscar Wilde. Nel romanzo un pittore ritrae il protagonista, Dorian Gray, nel pieno della sua gioventù e bellezza e tanto è magnifico il dipinto che Dorian stringe una sorta di “patto col diavolo” per rimanere sempre giovane e stupendo, come nel quadro. E così accadrà, tuttavia sarà il ritratto a cambiare, invecchiare, imbruttirsi mentre il nostro protagonista si dedica a una vita di piaceri, dissolutezze e crimini.
Nel “Ritratto di Dorian Gray” così come nel dipinto di Gjergj Kola, il confine tra arte e vita si assottiglia, e nel breve (o infinito) spazio-tempo di un’istantanea i ruoli si ribaltano: la vita diventa arte e bellezza.
Forse è questo che è successo quella sera, tutti insieme abbiamo celebrato il culto della bellezza e condiviso una profonda esperienza estetica di vita.
E forse proprio il dipinto di Gjergj è la rappresentazione di uno dei tanti aforismi di Oscar Wilde:
«La vita imita l'arte molto più di quanto l'arte non imiti la vita. »
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