
Il sipario si è chiuso, ma il suo rosso acceso resta impresso nei nostri occhi come una carezza d’estate. La rassegna Teatro al Solstizio ha fatto battere i cuori, ha sussurrato emozioni, ha lasciato in ognuno di noi un ricordo vivo, autentico, profondo.
Ci rivedremo, sì. Ma già ci manca.
Due serate indimenticabili, sotto le stelle e sopra un prato che profumava di libertà, hanno fatto vibrare l’anima dell’agriturismo e cantina Donna Vittori a Paliano. È stato un piccolo miracolo di bellezza: la magia del teatro ha attraversato i corpi e i silenzi, contaminando tutto — anche il vento, anche la campagna.
Una cena al tramonto, come nei sogni: i sapori genuini della nostra terra, i vini biologici di Donna Vittori, le bollicine di Casale della Ioria, i volti illuminati dal sole che scendeva lento dietro le colline. E poi, a un passo dall’oscurità, il sipario che si apre. Ed è lì che inizia il viaggio.
La prima sera è stata dedicata a Miracolo a Bauco, un testo scritto da Lorenzo e Selene Genovesi, portato in scena dalla compagnia Gll Mannecut di Boville Ernica. Senza di loro — e senza l’instancabile Costantino Capogna al service — questa magia non avrebbe avuto corpo. L’hanno costruita con le loro mani, e l’hanno donata a tutti noi. Recitare sul prato ha voluto dire condividere lo spazio anche con la nostra Clea, la cagnolina di casa, che si è sentita parte della compagnia… accolta come un’attrice in più, senza copione ma con la grazia dell’istinto.
Gli applausi hanno scaldato il cielo. Persino chi veniva da Roma ha detto: “Abbiamo capito tutto, anche i termini ciociari!”. E se due ospiti cinesi hanno ammesso di aver perso qualche passaggio… beh, hanno comunque afferrato lo spirito.


Dopo lo spettacolo, la pasta, le chiacchiere, l’umanità.
C’è chi è rimasto a parlare con gli attori, chi ha stretto nuove amicizie, chi ha detto: “È stato come tornare alle ‘chiacchiere del dopo teatro’, quelle vere, quelle che si facevano quando il tempo aveva ancora un valore”.
A volte innovare significa proprio questo: riscoprire la bellezza delle cose semplici.
La seconda serata, la più intensa, ha raccontato una ferita: Cigno Cigno, scritto da Antonio Monaco, portato in scena con coraggio e profondità dalla compagnia Filo d’Aria. Un tema difficile — il dramma del Circeo del 1975 — che ha trovato una voce forte, consapevole, necessaria.
Abbiamo steso un tappeto sul prato, perché le attrici spesso si lasciavano cadere a terra, in un linguaggio del corpo che parlava più delle parole. Alla fine, il silenzio. Poi, un lungo applauso. E infine, Lucia King — una delle nostre otto amiche cinesi arrivate da Roma — ha detto con emozione:
“Bellissimo spettacolo. Ricordo bene quella storia: ero appena arrivata in Italia e se ne parlava ovunque. Ora, facciamoci una foto, come si fa alle riunioni cinesi!”
E così pubblico e compagnia si sono stretti l’uno all’altro, in uno scatto che conserveremo nel cuore.
È stato più di uno spettacolo. È stato un abbraccio collettivo.
Abbiamo aperto la rassegna con Lorenzo Genovesi, che ha creduto per primo in questa follia meravigliosa. E insieme ci siamo detti, guardando il prato pieno, i volti accesi, le mani che applaudivano: “Sì, questa rassegna deve continuare”.
Le corde dell’anima nostra e quelle del pubblico hanno vibrato insieme. E da queste vibrazioni sono nate idee, sogni, progetti.
Siamo tornati a casa più ricchi. Di emozioni, di sorrisi, di nuovi amici. Abbiamo gustato i sapori veri della Ciociaria, brindato con il vino Cesanese (forse un po’ troppo, ma va bene così), e ci siamo lasciati accarezzare da nuove visioni.
Goodbye “Teatro al Solstizio” 2025.
Non è un addio.
È solo un arrivederci.
Ci rivediamo, sotto le stelle, il prossimo anno.

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