Sapevate che l’uva di Sgurgola era fra le prelibatezze di Monaco di Baviera? Ve li immaginate i cittadini tedeschi che si contendono le ceste cariche di uva di Sgurgola?
Questa era Sgurgola prima della ubriacatura delle industrie di massa e delle multinazionali: un’area fertile che grazie alla stazione ferroviaria esportava i suoi prodotti in tutto il mondo. E i suoi prodotti erano uva e olio.
Andiamo con ordine. Per prima cosa chiudete gli occhi e ammirate una fertile Valle del Sacco che produceva grano per il Mulino di Sgurgola, di proprietà dei feudatari Colonna e attivo sin dal 1200, e tutte le alture e i pendii dei Monti Lepini coperti di vigneti e di oliveti. I principi Colonna sono quelli della battaglia di Lepanto e qui hanno fatto il bello e il cattivo tempo per quasi 400 anni ed erano i proprietari anche dei due forni di Sgurgola.
Finisce il feudalesimo, arriva l’Unità d’Italia ma, soprattutto, la ferrovia con la stazione. Sgurgola, che era sempre stata al di fuori delle vie di comunicazione e aveva vissuto per molti secoli concentrata soprattutto su sè stessa, con la ferrovia si trova per la prima su una via di comunicazione importante.
Improvvisamente i cittadini si trovano collegati al resto del mondo e iniziano ad utilizzare il treno anche per il trasporto delle merci.
E i prodotti da esportare sono soprattutto la bella e dolcissima uva di Sgurgola. E gli sgurgolani lo fanno con classe e professionalità.
Allora esisteva un mestiere oggi scomparso, quello delle ‘ncestratrici’ (persone che incestavano). Erano donne che si recavano nei vigneti per selezionare i migliori grappoli, li mettevano in ceste che adornavano e che portavano alla stazione da dove partivano con i treni.
I cesti venivano tutti rigorosamente fatti a Sgurgola, con le canne o con il vimini. Questa tradizione esiste ancora e, probabilmente, potrebbe essere rivisitata aggiungendo elementi di design. Durante la Festa dell’Uva, nel mese di Settembre, si possono vedere artigiani all’opera impegnati nella realizzazione di ceste.
Il treno portava l’uva disposta in queste raffinate ceste a Genova da dove poi veniva smistata e mandata a Monaco di Baviera, Varsavia e Madrid. Le ceste avevano una forma a tronco di piramide rettangolare e nella parte interna era ricoperta di carta velina patinata mentre il bordo aveva fori dove passavano nastri o pizzi.
Come era consuetudine, le donne cantavano e avevano le loro musiche che raccontavano la loro storia. Una di queste storie musicali è stata ripresa da un gruppo di musica popolare che ha recuperato le tradizioni ciociare e la ripropone in modo nuovo e coinvolgente.
La Festa dell’Uva a Sgurgola era nata negli anni ’20 per promuovere i prodotti locali e, in modo pagano, festeggiare il raccolto. Ha avuto due interruzioni dovute alla seconda guerra mondiale e al periodo della forte industrializzazione della valle che aveva spopolato il paese.
Da qualche anno è tornata a ‘furor di popolo’, come un modo per riscoprire le tradizioni e per immaginarsi un futuro con radici nel passato. A Sgurgola si stanno ripiantando i vigneti, è tornata la famosa ‘ciambella di Sgurgola’, si fanno i cestini e si cantano le canzoni delle ‘ncestatrici.
E nei tre giorni di festa tutti possono entrare nel mondo delle tradizioni ciociare dove accompagnati da organetti i poeti e i cantanti si sfidano con stornelli sconci che non lasciano spazio alla interpretazione. Se non siete ciociari magari non capirete tutte le strofe, ma gli sguardi delle persone saranno espressivi quanto le parole e il divertimento è assicurato.
La festa si svolge a Settembre nelle strade del centro di Sgurgola.
Foto di Valentino Faraoni
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