Quel giorno ero contenta, molto contenta: l'indomani avrei iniziato il mio tirocinio in un importante quotidiano della città.
In casa, oltre a me, vi era solo Lucia, la nipote londinese della signora Rosetta. Chiamai la ragazza:
- Ti va di uscire con me?
- Si, volentieri, dove andiamo?
- Al Capo.
- Ottimo, non ci sono ancora andata.
L'antico Mercato del Capo è sito nella parte superiore del quartiere arabo degli Schiavoni, chiamato Seralcadio sotto il dominio dei Normanni, a meno di cento metri da casa.
Il mercato sorge all'incrocio tra via Sant'Agostino, via Beati Paoli e Porta Carini. L'attrazione principale è il cibo da strada, consumato dai palermitani e apprezzatissimo dai turisti.
Scendemmo subito da casa, e, con il solito passo veloce percorremmo via Carini, attraversammo via Voltuno e ci trovammo dinanzi la trecentesca Porta Carini. Lucia si fermò e rimase alcuni minuti a guardarla.
- Dai, svelta entriamo.
Dopo alcuni minuti mi afferrò un gomito:
- Mi sembra di stare in un castello.
Andavo volentieri al mercato del Capo ed ogni volta scoprivo qualcosa di nuovo e di interessante. Dietro le bancarelle si celavano meravigliosi portali di palazzi storici e frontali di chiese barocche, segno dell'opulenza e del potere di un tempo.
Le strade molto strette, in certi punti, diventano dei budelli e costringendo i visitatori a camminare uno dietro l'altro.
Lucia sempre più meravigliata, iniziò a fare tantissime domande e si fermava davanti a tutte le bancarelle. Giunte in via Beati Paoli esordì:
- Mi ricordo che la nonna Caterina mi raccontava la storia dei Beati Paoli, fantastico, io ora sono qui.
- Si, la setta dei Beati Paoli operò, in questi luoghi, tra il seicento e il settecento.
Per l'antica struttura, i vicoli stretti ed i pochi larghi spazzi ricordano un suk orientale e, per questa sua caratteristica, le tante “Putie” (negozi) vengono nascoste dalle bancarelle.
Vidi Lucia ferma ed estasiata davanti ad una bancarella stracolma di aromi, di frutta secca e dolciumi. Più avanti un'altra bancarella aveva delle piramidi di olive nere e verdi, consate, acciurate, grosse, piccole e in salamoia.
Un'altra ancora conteneva pesce secco, salato e affumicato, sardine ed alici sott'olio.
Mentre curiosavamo tra le varie mercanzie, ci giunse un odore di arrosto. Girammo in un vicoletto che ci condusse in uno spiazzo dove degli uomini davanti a delle graticole stavano arrostendo qualcosa.
Lucia incuriosita allungò il passo e non feci in tempo a fermarla, stava parlando con un ragazzo che arrostiva le stigghiola, un altro tipico piatto della cucina palermitana a base di budella di agnello preparate, cucinate e mangiate per strada.
Lucia volle mangiare subito una stigghiola. La trovò di suo gusto e voleva mangiarne ancora, io per distrarla le proposi di andare a mangiare un'arancina. Ci avviammo in una friggitoria che conoscevo bene. Quando entrammo Lucia andò dritta al bancone dove si trovava tantissima rosticceria, poi, si girò verso di me.
- Questo è il paradiso dei buongustai, mangerei tutto.
Paolino, il figlio del proprietario prese un'arancina alla carne e gliela porse.
- Signurì cuminciassi cu chissa ca la porta mpararisu (Signorina mangi questa, dopo si sentirà in paradiso).
Lucia fece fuori l'arancina in pochi minuti, continuò con delle sarde a beccafico e si stava fiondando su di un timballo di anelletti al ragù, feci in tempo a fermarla.
- Vuoi finire in ospedale?
Scoppiò a ridere:
- Smetto, ma, voglio mangiare il dolce.
Uscimmo dalla friggitoria e continuammo la nostra passeggiata. Un incrociarsi di vuci dei banniatura (urla dei venditori) animava tutti i vicoli e invitava massaie e visitatori a comprare la merce che a loro detta era straordinaria.
I colori, le urla, gli odori e la calca fanno parte di questo luogo che sembra aver fermato il tempo.
Eravamo appena uscite dal mercato e Lucia si fermò davanti Porta Carini:
- Grazie, per questa bellissima passeggiata. Quando tornerò a Londra porterò il ricordo e questo pomeriggio e delle radici della mia famiglia.
Lessi nei suoi occhi la felicità e sorrisi.
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