Leggere un libro è come iniziare un cammino, in silenzio, senza sapere dove ti condurrà e quando arriverai alla fine. E la fine è data dall’ultima pagina, se non abbandoni prima e lo rimetti a posto nello scaffale.
Strano, ma solo adesso chiuso in casa pensi, rifletti e ti accorgi dell’importanza del silenzio. Vado indietro nel tempo, quasi trentacinque anni fa.
Il mio paese è un piccolo borgo sul mare, anzi su un sistema di grotte marine. 45/50, una più bella dell’altra. Noi finivamo la stagione estiva, dopo la gestione di un piccolo ristorante pizzeria sul mare nella frazione a San Vito. Si metteva a posto e si preparava per la stagione successiva.
Si tornava al paese: Polignano a Mare.
Nel pomeriggio iniziavamo le silenziose passeggiate dalle 16 in poi. Sempre in due, amici inseparabili sul lavoro e nella vita fuori del lavoro.
Non è che non avevamo nulla da dirci, anzi il lavoro era andato bene. Ma quel silenzio era un modo come un altro per ammirare la bellezza del paese, uno di quei regali che la natura ti concede. Si respirava il profumo del mare in quelle strade silenziose.
Ci sentivamo quasi custodi di tanta bellezza e custodi della sua tutela. Alcuni segreti li conoscevamo solo in pochi, almeno fino al 1994. Passeggiare su quelle balconate e le soste su ognuna di essa era di una felicità unica.
Il percorso obbligato del centro storico ti portava sempre a una pausa su quel mare stupendo.
Ad ogni sosta ci chiedevamo se per caso quei luoghi, quelle bellezze avessero ispirato quel nostro concittadino famoso anzi il più famoso. E tutti e due rompevano il silenzio è all’unisono la risposta: sicuro! anzi certo!
Questi posti te li porti per sempre nel cuore e ti fanno sognare. I luoghi del cuore non li puoi dimenticare anzi, a furia di raccontarli e di pensarli, assumono i contorni della leggenda. E le leggende sfidano il tempo e diventano immortali.
Le nostre passeggiate avevano una fermata al bar del “Supermago del Gelo”.
Quel bar oramai era diventato metà di tutto il circondario e di Bari. Oltre alla bontà del gelato ti regalava una colonna sonora unica dalle tre del mattino, orario dei braccianti, fino alle 24 di sera: la musica sempre e solo unica del Mimmo nazionale.
Non si discuteva con Super Mario, Mimmo e basta.
Noi ci eravamo abituati a quella colonna sonora e forse aveva ragione anche lui: mio padre.
E si anche lui, bracciante agricolo con la quinta elementare e suonatore autodidatta di fisarmonica, ogni volta che prendeva la fisarmonica il ritornello era sempre lo stesso.
Mi diceva con orgoglio: “la vedi questa? Quando faceva le serenate la prestavo a Mimmo!”.
Non saprò mai se fosse vero, ma certo è che sul finire degli anni ‘70 a un concerto in una sala ricevimenti, io e Modesto lavoravamo come camerieri quando si presentarono 5/6 braccianti che volevano salutare Mimmo.
Noi li accompagnammo nel camerino e, non appena la porta si aprì, Mimmo in dialetto li chiamo per nome “Mariooo, Lulucc, Pasque a com stat!”.
La porta si chiuse e rimasero fino all’inizio del concerto. Secondo me quell’emozionante incontro aveva regalato minimo una decina d’anni a quei vecchi amici.
La conferma che Mimmo non aveva dimenticato i luoghi, il suo paese, gli amici e il dialetto la ebbi personalmente in quel lontano 1994. Era d’estate, i primi d’agosto e a giorni si sarebbe tenuto il grande concerto della riappacificazione con il suo paese.
Avevamo finito il lavoro, chiuso il ristorante e la pizzeria ed eravamo in pausa al bar. Lentamente entra dal cancello una spider sportiva con tetto aperto e il guidatore un amico mi chiama “Mimmo vieni un attimo”.
Chissà perché non lo mandai a quel paese stanco com’ero. Giro il banco, faccio una decina di metri e mi avvicino alla macchina.
“Te chiem Mimi a com a me“.
“Si” risposi e in quel momento descrivere l’emozione è impossibile... di fronte avevo proprio lui, il Mimmo nazionale. Il cuore non finiva mai di battere ... altro che record di Mennea.
“Per cas sav affaccet Pierluigi!?”
Di solito viene, ma stasera non si è visto. “Va bun, ciao guagliò“ ed io di rimando “Se per caso passo gli dico che lo state cercando maestro“. Lo spaiderino fece manovra e uscì dal cancello.
Pierluigi era un impresario suo amico e aveva messo a punto e contribuito ad organizzare il concerto. Il concerto della pace con il paese del Mimmo nazionale. Pierluigi era un amico e ad ogni suo ritorno era un piacere prendere un caffè e chiacchierare.
Mai vista tanta stampa e tante telecamere come in quei giorni.
Il concerto nonostante la disabilità andò benissimo e Mimmo ritrovo il suo paese e il calore della sua gente, il suo dialetto.
Polignano fece pace con il suo cittadino più illustre. Inutile dire che avrei conservato nel cuore quei due minuti di incontri e l’umiltà di un artista che non aveva mai cancellato dalla sua memoria il suo paese, i suoi amici e il gelato del suo amico.
Le passeggiate continuano ancora oggi sulle belle balconate e poi su tutto il lungomare fino all’ex macello comunale, oggi museo d’arte contemporanea dedicato a un altro personaggio illustre: Pino Pascali.
Ma questa è un’altra storia.
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