Villafranca Sicula tra leggenda e “cubbaita“

Villafranca Sicula tra leggenda e “cubbaita“

Una pioggerellina leggera scendeva sui vetri dell'auto. Ad un tratto il bagliore di un fulmine e il rombo di un tuono mi fecero trasalire.
La pioggia si stava trasformando in temporale e ritenni prudente trascorrere la notte in uno dei paesi della vallata. Non so perché scelsi Villafranca Sicula.
Entrai in paese e subito ebbi una sensazione positiva. Parcheggiai l'auto nei pressi di un bar, scesi ed entrai. Il locale era semi vuoto e chiesi se potevano indicarmi un alberghetto, un B&B, dove trascorrere la notte.

La giovane al bancone mi sorrise e mi disse che non c’erano alberghi, ma potevo trascorrere la notte dalla zia Giuseppina, in ha una casa molto grande che aveva trasformato in pensioncina.
Ringraziai la ragazza dai lunghi capelli neri e dallo sguardo magnetico, ordinai un chinotto e chiesi l'indirizzo della zia Giuseppina.
Nonostante la pioggerellina andai a fare un giro in paese. Avevo percorso poche decine di metri quando mi trovai davanti ad una chiesa e vi entrai senza indugio.
La struttura cinquecentesca era a tre navate con la forma di basilica. Il silenzio e la penombra del posto mi portarono in una dimensione mistica che non provavo da tempo. Raggiunsi l'altare maggiore, alzai lo sguardo e vidi un quadro con dipinto il volto di Maria intenta a vegliare il suo bambinello.

Sedetti su un banco, socchiusi gli occhi e istintivamente dissi una preghiera. Alcuni minuti dopo li riaprii e con mia grande sorpresa accanto a me era seduto un bimbo di circa dieci anni.

- E tu chi sei?
- Giovanni. Io sono il nipote del parroco. Tu chi sei?
- Io sono una giornalista, mi ha portata la pioggia.
- Quanto ti fermi?
- Domani vado via.


Giovanni alzò la mano verso il quadro:

- Conosci la storia di questa Madonna? Tutti conoscono la Madonna del Mirto.
- Ma io non sono di qua.


Con una espressione seriosa iniziò a raccontare che questa Madonna si trova in questa chiesa perché l'ha voluto Lei. Era scivolata dalle mani di un monaco che tornava a Burgio nel suo convento, ed è andata a posarsi su di una siepe di murtidda (mirto).
Il monaco era tornato a prenderla, l'aveva riportata in convento, ma lei è tornata sulla siepe di murtidda.
Erano venuti degli uomini da Burgio e da Lucca con un carro di buoi per riprenderla, ma neppure i buoi riuscirono a spostarla. La Madonnina voleva restare a Villafranca, così dopo tante sciarrie (liti) e chiacchiri (discussioni) il quadro è rimasto nella Chiesa Matrice.
Ogni anno, i primi di agosto, Burgitani, Lucchisi e Villafranchisi appaciati (riappacificati) fanno grande festa a Maria di lu Mirtu (Maria del Mirto).

- Grazie Giovanni, che bella storia.
- Se vuoi ti racconto un po' del mio paese
- Certo, con piacere.


Uscimmo dalla chiesa, l'aria era fresca e non pioveva più. Giovanni iniziò a raccontare del suo paese.

- Villafranca fu costruita dai principi Alliata nel XVI secolo e poi beneficiata dal barone Musso nel XIX secolo. Noi ci troviamo nel corso principale con la Chiesa Matrice, il Palazzo degli Alliata e una Torre con un orologio a pendolo e tre campane in bronzo coniate a Burgio.
Abbiamo anche le chiese San Giovanni, di San Giuseppe e del Carmine. Il municipio si trova nel vecchio convento dei Francescani.
- Bravo Giovanni. Parlami del territorio.
- Vuoi saper come campiamo? Una volta in paese c'èrano i vuttara (bottai), i firrara (fabbri), i siddrara (sellai) e chiddri ca facinu i cannistri (quelli che fanno i canestri).
Le donne ricamavano i loro corredi e quelli delle signorine ricche di città, impreziosendoli con merletti all'uncinetto, al tombolo e al chiacchierino. Gli uomini (uomini) coltivano la terra a frumento e gli agrumeti, i pescheti, i vigneti, gli uliveti e i mandorleti.
Domani mattina ti faccio mangiare il pane cunsato della mia mamma, impastato con la farina del nostro frumento e con l'olio delle nostre piante di biancolilla.
- Davanti a questo invito stai pur certo che partirò dopo aver mangiato il pane cunzatu di tua madre.


Mentre parlavamo il rintocco dell'orologio segnò le venti.

- È tardi, debbo andare a cenare. Questa sera minestra di cavolicelli, salsiccia arrostita e per finire cubbaita preparata dalla mia mamma con le nostre mandorle.
- Cubbaita? Anche nella mia famiglia si preparava questo dolce con le nostre mandorle.
- Che bello, abbiamo una cosa in comune, la cubbaita. Domani ti faccio mangiare anche quella. Ciao.



Guardai quello scricchiolo di uomo allontanarsi e non potei fare a meno di apprezzare il suo spirito di intraprendenza. Non dimenticherò mai il suo sguardo fiero mentre narrava, a modo suo, la storia del suo paese e dei suoi abitanti.
Villafranca dei vecchi mestieri, degli agrumi, del buon olio, degli antichi grani, della buona frutta e delle mandorle, già, le mandorle della cubbaita.
Villafranca dai tanti sapori e dei tanti profumi da vivere con la semplicità del piccolo Giovanni.


Scritto da
Betty Scaglione Cimò

Ex insegnante di storia dell'arte. Docente alla For.Com. Da un ventennio impegnata nell'immobiliare internazionale per la promozione della Sicilia ed in particolare per la rinascita dei piccoli...

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