Changchun, la mia seconda casa

Changchun, la mia seconda casa

Nel 1987 mi sono laureato in Medicina e Chirurgia presso la Statale di Milano e ho iniziato ufficialmente il lungo viaggio per diventare un giorno un cardiochirurgo. Lo stesso anno, pochi giorni dopo la cerimonia di laurea, ho visto l'epico film biografico “L'ultimo imperatore” diretto da Bernardo Bertolucci, sulla vita di Puyi, l'ultimo imperatore della Cina.

Il film è stato un grande successo sia di critica che di pubblico e mi ha insegnato qualcosa sulla storia della Cina e sulla vita di un miliardo di persone con cui condivdo questo pianeta.

A quel tempo, non sapevo che quasi 30 anni dopo avrei visitato il Museo del Palazzo Imperiale del Manchukuo a Changchun, il palazzo che era stato l’ambientazione del film di Bernardo Bertolucci e soprattutto non sapevo che avrei considerato Changchun la mia seconda casa, lo scenario di una rinascita umana e professionale.

Ma procediamo con ordine.

Nel 1987 sapevo che per inseguire il sogno di diventare un cardiochirurgo avevo davanti un viaggio molto lungo e difficile. Tuttavia ero orgoglioso della mia scelta e pronto a superare qualsiasi difficoltà.

I successivi 30 anni sono stati intensi, scanditi dall'impegno quotidiano nella ricerca dell'eccellenza professionale, che ha messo in secondo piano il resto della vita.

Come spesso accade dopo anni di costante dedizione verso una causa, man mano che l'obiettivo viene raggiunto ne capisci la parzialità e senti che c'è qualcosa che non puoi capire chiaramente ma che ti manca intensamente.

Come dice la saggezza popolare, chi cerca trova.

Ho ricevuto una telefonata da un mio amico cardiologo che mi diceva che sarebbe partito per la Cina, e che avrebbe lavorato per 1 anno in una città di nome Changchun nell'estremo nord-est del Paese. Ho pensato tra me e me, perché non seguirlo?

All'inizio di novembre 2015 stavo volando da Milano a Changchun, con scalo a Shanghai. Lo scopo del viaggio era sia di visitare l'ospedale del mio collega, chiamato Jilin Heart Hospital, che di dare un'occhiata alla città di Changchun. E possibilmente firmare un contratto di collaborazione.

A quel tempo la mia conoscenza della Cina era molto scarsa, e di Changchun ancora meno. Quindi ho navigato in internet per conoscere qualcosa.

Ho riscoperto la storia di Bernardo Bertolucci e del suo film e i dettagli storici su Puyi e l'invasione giapponese. Ho anche scoperto che Changchun significa "lunga primavera" e che la città potrebbe essere considerata sia la "Detroit" che la "Hollywood" della Cina infatti sia l'industria automobilistica che quella cinematografica sono molto ben radicate.

È stato anche piacevole scoprire che Changchun è conosciuta come “la città giardino” per i vasti parchi e giardini che la caratterizzano.

 

Chongqing panorama

La prima volta che sono atterrato a Changchun è stata un'esperienza indimenticabile.

Erano circa le 21:00, avevo un posto vicino al finestrino sul volo Air China da Shanghai e così ho potuto vedere il paesaggio scuro mentre l'aereo si stava avvicinando all'aeroporto.

Dopo un veloce check-in, per la prima volta in vita mia, ho iniziato a sentirmi a disagio per la totale assenza di punti di riferimento, con la segnaletica stradale e le insegne luminose dei negozi scritte in un linguaggio incomprensibile.

Ho avuto la sensazione di essere immerso in una diversa dimensione spazio-temporale che mi ha ricordato il film distopico Blade Runner di Ridely Scott.

 

Changchun

Anche se curiosamente, proprio in quel momento ho potuto percepire una forte attrazione per il luogo, un'attrazione nata dalla commistione fatta di paura per l'ignoto e voglia di scoprire, un'attrazione che mi avrebbe accompagnato per molti anni a venire.

Il mio primo soggiorno a Changchun è durato solo due settimane e durante il volo di ritorno in Italia ho ripensato all'intera esperienza.

Avrei dovuto prendere una decisione importante a breve, se accettare o meno la posizione che mi era stata offerta come Direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia dal Jilin Heart Hospital.

Accettare l'offerta avrebbe significato lasciare l'Italia per molti anni ed ero un po' spaventato da questa eventualità anche se nel profondo dei miei pensieri sapevo che alla fine avevo trovato proprio quello che cercavo.

Durante il mio ultimo incontro con il vicepresidente del Jilin Heart Hospital, Dr. He Huang, mentre mi descriveva che la visione e la missione dell'ospedale erano orientate a garantire un trattamento di cardiochirurgia della massima qualità alle persone povere attraverso il Programma Jixin, ho capito che a Changchun avrei potuto dare una valida risposta alla mancanza di motivazione professionale che sentivo rientrato in Italia.

Mi sarei potuto dedicare di più alla cura di persone povere che altrimenti sarebbero sicuramente morte per problemi cardiaci, non potendo pagare il trattamento.

Tuttavia, mi sentivo dubbioso se sarei stato in grado di far fronte a tutte le infinite differenze tra l'Italia e la Cina. Sarei stato in grado di adattarmi?

C'era una lotta in corso nel mio cervello tra la scelta di ciò che era sicuro e conosciuto, il lato razionale di me che diceva "resta a casa", rispetto a ciò che era insicuro e sconosciuto, il lato appassionato di me che diceva "accetta il lavoro e lasciare l'Italia”.

Ho preso un sonnifero e ho bevuto un bicchiere di vino. Mi sono addormentato presto e quando mi sono svegliato poche ore dopo, nel buio della cabina dell'aereo, la decisione era stata presa: il mio “istinto” aveva vinto.

Accettare il lavoro e diventare cittadino di Changchun.

I sei anni successivi sono stati caratterizzati da un progressivo e costante processo di innamoramento della città che sarebbe diventata la mia seconda e attuale casa.

Changchun con la neve

Attualmente l'aria è costantemente fresca e pulita ed è un piacere per i sensi recarsi al mattino in ospedale, guardando le aiuole perfettamente curate e i lunghi filari di alberi verdi che caratterizzano la città durante la “lunga primavera”.

È un piacere anche d'inverno quando la temperatura scende ben oltre i -20 gradi e, camminando nel buio del primo mattino, senti il ​​rumore sordo dei tuoi passi sulla neve compatta e vedi il vapore del tuo respiro mentre le tue ciglia si congelano rapidamente.

Quello che amo di più della città di Changchun sono i suoi abitanti, o per meglio dire i suoi “pazienti”, quelli che incontro ogni giorno mentre lavoro al Jilin Heart Hospital.

 

Conoscendo meglio il loro passato, tutte le difficoltà che storicamente hanno attraversato e le fatiche della vita da contadino che la stragrande maggioranza di loro conduce, li percepisco come persone forti e orgogliose.

Persone pronte ad affrontare tutti i rapidi cambiamenti che sta attraversando la società cinese, pur consapevoli della loro storia e delle loro tradizioni.

Con la loro serena accettazione della sofferenza, con i loro corpi segnati da interminabili ore di lavoro nei campi, mi hanno insegnato molto e mi stanno insegnando ogni giorno di più, facendomi capire che nel curare le loro sofferenze le mie capacità tecniche e conoscenze scientifiche sono di fondamentale importanza. Ma che queste devono essere accompagnato da un profondo senso di comprensione umana per gli altri.

E questo crea benessere agli altri ma anche a me stesso.

Changchun di sera

Grazie Changchun per tutto, poiché avrai sempre un posto molto speciale nel mio cuore e sei diventata la mia seconda città natale.


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