Se si pensa ai Los Angeles Lakers, la prima cosa che viene in mente sono le luci delle televisioni, i successi sportivi noti nel mondo, gli stipendi milionari dei giocatori e una intensa vita di scadenze, appuntamenti e traguardi da raggiungere.
Se invece si pensa a Settefrati, la prima cosa che viene in mente è ‘dove si trova?’ e poi una volta scoperta la Valle di Comino si pensa subito a un tempo rallentato, profumi di bosco, tradizioni religiose secolari e una vita all’ombra delle luci della ribalta.
Los Angeles vs Settefrati può riassumersi anche in 14,5 milioni contro 0,001 milioni, questa la differenza fra gli abitanti delle due città. Ma se pensiamo alla notorietà, allora la lotta è impari. Eppure nella vita di Gary Vitti queste due realtà sono state in simbiosi e lo hanno nutrito e fortificato per oltre la metà della sua vita.
Ma lasciatemi partire dall’inizio.
Nel mondo dello sport professionale, tutti sanno chi è Gary Vitti ma lo riassumiamo brevemente per i pochi che non amano lo sport: è stato per 32 anni il capo dei preparatori atletici della grande squadra di basket dei LA Lakers.
I Los Angeles Lakers sono una leggenda e sono considerati da molti come la squadra sportiva più famosa e più grande della storia. L'associazione con una squadra così iconica lo ha messo sotto i riflettori delle televisioni di tutto il pianeta.
Le sue azioni e scelte sono state commentate da migliaia di giornalisti e i suoi ritmi di lavoro e vita sarebbero stati impossibili per la maggior parte delle persone del mondo. Ma pochi sanno che le origini dei suoi nonni e di suo padre sono di Settefrati che lui ha visitato per la prima volta quando aveva 30 anni.
Settefrati è un piccolo paesino fra Roma e Napoli, immerso nei boschi del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise e con la splendida Val Comino ai suoi piedi. Ma la sua particolarità è che ha un numero di abitanti pari al numero dei residenti all’estero. Praticamente è uno dei paesi che ha avuto la più alta percentuale di emigrati dal secondo dopoguerra.
Per questo insieme all’amministrazione, già da qualche anno abbiamo iniziato a lavorare con la comunità all’estero e soprattutto con Tony Malizia da Toronto e con altri da Stamford (con cui Settefrati è gemellata) in Connecticut su nuovi modi per avvicinare i giovani discendenti con i giovani residenti.
Questo inverno abbiamo lavorato su un progetto di rigenerazione del paese che portasse ragazzi canadesi e americani a scoprire la loro italianità e siamo arrivati alla registrazione di un format televisivo che abbiamo chiamato Felicita Back Home. Dove Felicita è la santa madre dei sette fratelli che danno il nome al paese.
Ideato uno strumento che usa un linguaggio visivo e una strategia che coinvolge TV e social networks, all’unanimità tutta la comunità settefratese in Italia e all’estero ha invocato il nome di Gary Vitti come loro condottiero e Town Ambassador.
L’idea, o forse il sogno, è di riuscire a sperimentare un modello che possa poi essere seguito da tanti altri comuni italiani che hanno lo stesso problema di non far perdere l’identità italiana delle nuove generazioni.
Il mio incontro con l’ambasciatore di Settefrati Gary Vitti
All’inizio di agosto sono andata a Settefrati per incontrare alcuni italo-americani e mi hanno fatto vedere la casa di Gary. Una casa molto semplice all’inizio del paese e questa immagine, unita ai racconti di chi lo conosce, già mi aveva dato l’immagine di una persona dal cuore semplice che torna nel borgo per sentirsi ‘normale’ e parte della comunità locale.
Gary è arrivato durante i festeggiamenti della Madonna di Canneto, uno degli eventi religiosi più seguiti in Italia e dopo le celebrazioni, il sindaco Riccardo Frattaroli mi ha organizzato un incontro.
Ho incontrato Gary Vitti a Roma al Cafe Vitti, ristorante, bar e hotel di proprietà di suo cugino Onorio Vitti in Piazza San Lorenzo in Lucina, alle spalle del Parlamento italiano. Abbiamo parlato delle sue radici, educazione familiare e stile di vita. Ho trascorso 4 ore che sono sembrate 4 minuti con Gary, sua moglie Martha di origini messicane e suo cugino Onorio.
Il tema dei miei incontri è sempre stato quello dei rapporti tra i borghi italiani e i loro discendenti, tema che ha toccato anche Marta e le sue origini. La comunità messicana in cui è cresciuta in America è ancora profondamente radicata nei valori culturali tradizionali che includono cibo, lingua, musica, morale, valori ed etica, mentre la nostra comunità italiana sta perdendo il suo senso di famiglia con il passare di ogni generazione.
Gary è nato a Stamford dove si trova ancora la più grande concentrazione di settefratesi in USA. Infatti, gli emigrati dello scorso secolo si muovevano con il passaparola e quando uno di loro si stabiliva in un posto in cui riusciva a trovare lavoro, allora faceva venire altri fratelli, cugini e compaesani verso un nuovo futuro radicato alla ricerca del “sogno americano”.
Portavano le tradizioni del vecchio paese, replicando il meglio che potevano della vita così come la conoscevano, mantenendo vivi il loro dialetto e tutte le usanze locali.
I nonni di Gary erano entrambi di Settefrati ma il loro rapporto con le origini era diametralmente opposto. Suo nonno e sua nonna materni avevano solo il ricordo di una vita dura e intrisa di povertà e non avevano alcuna intenzione di tornare. Valeva il contrario per il nonno paterno, che continuava a spedire dollari americani alla moglie in Italia con la piena intenzione di tornare in patria una volta andato in pensione.
Il padre di Gary era nato a Settefrati ma era emigrato negli Stati Uniti all'età di 16 anni non era mai più riuscito a tornare a vivere in Italia ma non aveva mai perso il profondo amore che nutriva per il paese. Gary è cresciuto in una casa divisa dall’amore dei nonni paterni e del padre per Settefrati e dal disprezzo del nonno materno e della madre per lo stesso paese.
La missione di sua madre era quella di assimilarsi agli americani nella lingua, nell'istruzione e nella cultura. Questo è quello che è all'origine della scelta del nome: Gary.
Suo padre (Mario), avrebbe voluto chiamarlo come suo nonno Angelo, mentre sua madre pensava che fosse un nome troppo italiano, ma alla fine hanno trovato un compromesso. Angelo, era un operaio che aveva lavorato alla costruzione dell'edificio Chrysler a New York City. Durante i mesi invernali indossava un mantello per ripararsi dal freddo. Aveva una sorprendente somiglianza con il famoso generale italiano Garibaldi. Il nome Garibaldi fu abbreviato in Gary e così è stato scelto per il loro figlio.
A differenza di sua madre, Gary aveva sempre avuto un desiderio ardente di identità e di vedere Settefrati, la terra delle sue radici. Finalmente, quando compì 30 anni, dopo aver terminato il college e la scuola di specializzazione, ebbe il tempo e i soldi per andare a vedere la casa in cui era nato suo padre. Senza conoscere la nostra lingua, perseverò per risolvere i problemi della divisione e della successione della sgangherata casa di famiglia.
A quel tempo non era ancora così famoso ma si è subito deciso ad acquistare le quote di proprietà della casa dalle sorelle di suo padre e di restaurarla. Non aveva ancora idea di quale sarebbe stato nel tempo il suo rapporto con Settefrati, ma le storie raccontate dal padre lo avevano spinto a stringere un legame con le sue origini.
E così per tutta la sua vita questa casa è stata il suo angolo privato dove poteva sfuggire alla fama degli sport professionistici e tornare a una vita incentrata nella realtà.
“Molte persone pensano che ritorno nella mia villa in Italia durante la bassa stagione. Devo spiegare che se la mia famiglia avesse avuto una villa in Italia, non sarebbe immigrata negli Stati Uniti. Non c’è una vita di lusso quando vado nella casa in cui è nato mio padre, ma è importante per me tornare in quel luogo familiare, un luogo che mi centra.
Ho avuto persone della NBA che sono state a casa nostra in Italia, incluso il giocatore della Hall of Fame James Worthy che è rimasto sorpreso di quanto fosse trattato normalmente dalle persone del posto. Sembrava che le foto che gli chiedevano di fare riguardassero più il fatto che fosse così alto che così famoso. Poteva provare la sensazione di cosa significhi vivere qualche giorno da persona normale godendo delle cose semplici della vita”.
Queste parole di Gary riassumono il suo rapporto con Settefrati e come il suo essere di origine italiana passi quasi in secondo piano rispetto al suo essere settefratese.
Un sentimento di appartenenza a qualcosa di speciale che può essere tramandato alle generazioni future utilizzando i moderni strumenti della comunicazione. Stiamo promuovendo un modello Settefrati per il progetto Felicita Back Home nella speranza di portare lo spirito delle nostre magnifiche culture locali italiane ai bambini e ai figli dei figli degli emigrati italiani in tutto il mondo.
Un ringraziamento al nuovo Town Ambassador di Settefrati dal sindaco Riccardo Frattaroli, dalla amministrazione comunale e da tutta la comunità in Italia e all’estero.
Se si pensa ai Los Angeles Lakers, la prima cosa che viene in mente sono le luci delle televisioni, i successi sportivi noti nel mondo, gli stipendi milionari dei giocatori e una intensa vita di scadenze, appuntamenti e traguardi da raggiungere.
Se invece si pensa a Settefrati, la prima cosa che viene in mente è ‘dove si trova?’ e poi una volta scoperta la Valle di Comino si pensa subito a un tempo rallentato, profumi di bosco, tradizioni religiose secolari e una vita all’ombra delle luci della ribalta.
Los Angeles vs Settefrati può riassumersi anche in 14,5 milioni contro 0,001 milioni, questa la differenza fra gli abitanti delle due città. Ma se pensiamo alla notorietà, allora la lotta è impari. Eppure nella vita di Gary Vitti queste due realtà sono state in simbiosi e lo hanno nutrito e fortificato per oltre la metà della sua vita.
Ma lasciatemi partire dall’inizio.
Nel mondo dello sport professionale, tutti sanno chi è Gary Vitti ma lo riassumiamo brevemente per i pochi che non amano lo sport: è stato per 32 anni il capo dei preparatori atletici della grande squadra di basket dei LA Lakers.
I Los Angeles Lakers sono una leggenda e sono considerati da molti come la squadra sportiva più famosa e più grande della storia. L'associazione con una squadra così iconica lo ha messo sotto i riflettori delle televisioni di tutto il pianeta.
Le sue azioni e scelte sono state commentate da migliaia di giornalisti e i suoi ritmi di lavoro e vita sarebbero stati impossibili per la maggior parte delle persone del mondo. Ma pochi sanno che le origini dei suoi nonni e di suo padre sono di Settefrati che lui ha visitato per la prima volta quando aveva 30 anni.
Settefrati è un piccolo paesino fra Roma e Napoli, immerso nei boschi del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise e con la splendida Val Comino ai suoi piedi. Ma la sua particolarità è che ha un numero di abitanti pari al numero dei residenti all’estero. Praticamente è uno dei paesi che ha avuto la più alta percentuale di emigrati dal secondo dopoguerra.
Per questo insieme all’amministrazione, già da qualche anno abbiamo iniziato a lavorare con la comunità all’estero e soprattutto con Tony Malizia da Toronto e con altri da Stamford (con cui Settefrati è gemellata) in Connecticut su nuovi modi per avvicinare i giovani discendenti con i giovani residenti.
Questo inverno abbiamo lavorato su un progetto di rigenerazione del paese che portasse ragazzi canadesi e americani a scoprire la loro italianità e siamo arrivati alla registrazione di un format televisivo che abbiamo chiamato Felicita back Home. Dove Felicita è la santa madre dei sette fratelli che danno il nome al paese.
Ideato uno strumento che usa un linguaggio visivo e una strategia che coinvolge TV e social networks, all’unanimità tutta la comunità settefratese in Italia e all’estero ha invocato il nome di Gary Vitti come loro condottiero e Town Ambassador.
L’idea, o forse il sogno, è di riuscire a sperimentare un modello che possa poi essere seguito da tanti altri comuni italiani che hanno lo stesso problema di non far perdere l’identità italiana delle nuove generazioni.
Il mio incontro con l’ambasciatore di Settefrati Gary Vitti
All’inizio di agosto sono andata a Settefrati per incontrare alcuni italo-americani e mi hanno fatto vedere la casa di Gary. Una casa molto semplice all’inizio del paese e questa immagine, unita ai racconti di chi lo conosce, già mi aveva dato l’immagine di una persona dal cuore semplice che torna nel borgo per sentirsi ‘normale’ e parte della comunità locale.
Gary è arrivato durante i festeggiamenti della Madonna di Canneto, uno degli eventi religiosi più seguiti in Italia e dopo le celebrazioni, il sindaco Riccardo Frattaroli mi ha organizzato un incontro.
Ho incontrato Gary Vitti a Roma al Cafe Vitti, ristorante, bar e hotel di proprietà di suo cugino Onorio Vitti in Piazza San Lorenzo in Lucina, alle spalle del Parlamento italiano. Abbiamo parlato delle sue radici, educazione familiare e stile di vita. Ho trascorso 4 ore che sono sembrate 4 minuti con Gary, sua moglie Martha di origini messicane e suo cugino Onorio.
Il tema dei miei incontri è sempre stato quello dei rapporti tra i borghi italiani e i loro discendenti, tema che ha toccato anche Marta e le sue origini. La comunità messicana in cui è cresciuta in America è ancora profondamente radicata nei valori culturali tradizionali che includono cibo, lingua, musica, morale, valori ed etica, mentre la nostra comunità italiana sta perdendo il suo senso di famiglia con il passare di ogni generazione.
Gary è nato a Stamford dove si trova ancora la più grande concentrazione di settefratesi in USA. Infatti, gli emigrati dello scorso secolo si muovevano con il passaparola e quando uno di loro si stabiliva in un posto in cui riusciva a trovare lavoro, allora faceva venire altri fratelli, cugini e compaesani verso un nuovo futuro radicato alla ricerca del “sogno americano”.
Portavano le tradizioni del vecchio paese, replicando il meglio che potevano della vita così come la conoscevano, mantenendo vivi il loro dialetto e tutte le usanze locali.
I nonni di Gary erano entrambi di Settefrati ma il loro rapporto con le origini era diametralmente opposto. Suo nonno e sua nonna materni avevano solo il ricordo di una vita dura e intrisa di povertà e non avevano alcuna intenzione di tornare. Valeva il contrario per il nonno paterno, che continuava a spedire dollari americani alla moglie in Italia con la piena intenzione di tornare in patria una volta andato in pensione.
Il padre di Gary era nato a Settefrati ma era emigrato negli Stati Uniti all'età di 16 anni non era mai più riuscito a tornare a vivere in Italia ma non aveva mai perso il profondo amore che nutriva per il paese. Gary è cresciuto in una casa divisa dall’amore dei nonni paterni e del padre per Settefrati e dal disprezzo del nonno materno e della madre per lo stesso paese.
La missione di sua madre era quella di assimilarsi agli americani nella lingua, nell'istruzione e nella cultura. Questo è quello che è all'origine della scelta del nome: Gary.
Suo padre (Mario), avrebbe voluto chiamarlo come suo nonno, Angelo, mentre sua madre pensava che fosse un nome troppo italiano, ma alla fine hanno trovato un compromesso. Angelo, era un operaio che aveva lavorato alla costruzione dell'edificio Chrysler a New York City. Durante i mesi invernali indossava un mantello per ripararsi dal freddo. Aveva una sorprendente somiglianza con il famoso generale italiano Garibaldi. Il nome Garibaldi fu abbreviato in Gary e così è stato scelto per il loro figlio.
A differenza di sua madre, Gary aveva sempre avuto un desiderio ardente di identità e di vedere Settefrati, la terra delle sue radici. Finalmente, quando compì 30 anni, dopo aver terminato il college e la scuola di specializzazione, ebbe il tempo e i soldi per andare a vedere la casa in cui era nato suo padre. Senza conoscere la nostra lingua, perseverò per risolvere i problemi della divisione e della successione della sgangherata casa di famiglia.
A quel tempo non era ancora così famoso ma si è subito deciso ad acquistare le quote di proprietà della casa dalle sorelle di suo padre e di restaurarla. Non aveva ancora idea di quale sarebbe stato nel tempo il suo rapporto con Settefrati, ma le storie raccontate dal padre lo avevano spinto a stringere un legame con le sue origini.
E così per tutta la sua vita questa casa è stata il suo angolo privato dove poteva sfuggire alla fama degli sport professionistici e tornare a una vita incentrata nella realtà.
“Molte persone pensano che ritorno nella mia villa in Italia durante la bassa stagione. Devo spiegare che se la mia famiglia avesse avuto una villa in Italia, non sarebbe immigrata negli Stati Uniti. Non c’è una vita di lusso quando vado nella casa in cui è nato mio padre, ma è importante per me tornare in quel luogo familiare, un luogo che mi centra.
Ho avuto persone della NBA che sono state a casa nostra in Italia, incluso il giocatore della Hall of Fame James Worthy che è rimasto sorpreso di quanto fosse trattato normalmente dalle persone del posto. Sembrava che le foto che gli chiedevano di fare riguardassero più il fatto che fosse così alto che così famoso. Poteva provare la sensazione di cosa significhi vivere qualche giorno da persona normale godendo delle cose semplici della vita”.
Queste parole di Gary riassumono il suo rapporto con Settefrati e come il suo essere di origine italiana passi quasi in secondo piano rispetto al suo essere settefratese.
Un sentimento di appartenenza a qualcosa di speciale che può essere tramandato alle generazioni future utilizzando i moderni strumenti della comunicazione. Stiamo promuovendo un modello Settefrati per il progetto Felicita Back Home nella speranza di portare lo spirito delle nostre magnifiche culture locali italiane ai bambini e ai figli dei figli degli emigrati italiani in tutto il mondo.
Un ringraziamento al nuovo Town Ambassador di Settefrati dal sindaco Riccardo Frattaroli, dalla amministrazione comunale e da tutta la comunità in Italia e all’estero.
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