Ho conosciuto molti ex dipendenti di Adriano Olivetti e tutti mi hanno tessuto le sue lodi ma, a Trani, Natalino Pagano è andato oltre ed ha continuato a realizzare il sogno di Adriano. Un vero maestro ha bisogno di discepoli che perpetuino i suoi insegnamenti rendendoli vivi e presenti, facendoli uscire dalle pagine della storia.
Il cavalier Natalino è un imprenditore pugliese e la sua azienda SECA crea allestimenti di spazi comuni da oltre trenta anni. Il suo spirito intraprendente si manifesta presto e già prima dei diciotto anni aveva aperto una radio e un giornale locale. Subito dopo le scuole parte per il nord per “imparare un mestiere” e arriva nel reparto tecnico della Olivetti, dove si imbeve dello spirito di Adriano.
L’Olivetti non era solo un centro di creatività e produzione industriale, ma era un esperimento sociale dove si fondevano cultura umanistica e tecnologica, dove non esistevano lavoratori ma collaboratori, dove le esigenze dell’uomo venivano prima del profitto.
Natalino è un giovane curioso e inizia a lavorare sulle macchine per scrivere ammirandone la complessità tecnologica e la precisione della meccanica. Assorbe lo spirito che lo circonda ma la sua indole è quella di creare anche lui qualcosa e, contro corrente, decide di tornare a Trani ed aprire una impresa di riparazione macchine per scrivere. Eppure, quando si rivolge alla Olivetti lo fa in prima persona, ancora coinvolto dallo spirito di questa impresa.
“La prima macchina di Camillo Olivetti la M1 era composta da circa 6000 pezzi, la sua evoluzione la M 20, ne aveva circa la metà. Un capolavoro di ingegneria. Una macchina per scrivere è bella da osservare, studiare e ascoltare quando funziona. Era un piacere personale toccarle e rimetterle in funzione”
La sua impresa cresce, la sua creatività lo porta ad aggiungere servizi e a spostarsi nel settore attiguo dell’arredamento per uffici e infine ad allestire musei, sale conferenze e centri direzionali. Nel frattempo, ogni volta che qualcuno buttava una vecchia macchina per scrivere, Natalino la raccoglieva, la sistemava e la metteva in mostra a casa sua. La collezione cresce a tal punto che decide di allestire uno spazio all’interno della sua impresa nella sala formazione, con la perplessità dei collaboratori che si vedevano ridotti i loro spazi operativi. Sanno che Natalino ama il suo lavoro e li considera la sua famiglia, ma non condividono da subito la passione del collezionista.
Infatti, lo spirito del collezionista inizia a prendere il sopravvento e, finita la collezione di tutte le macchine Olivetti, Natalino sfida se stesso per trovare in giro per il mondo tutti i “primi esemplari” delle grandi imprese statunitensi e tedesche per poi poter pensare a qualcosa di diverso.
“Sono un imprenditore e anche quando ho un sogno cerco di crearmi obiettivi intermedi e il traguardo finale, quello del museo. La mia è una lucida follia che condivido con Isabella”
Isabella entra in punta di piedi ma è la sua ancora e con lei condivide tutti i sogni ed anche quello di donare ad una fondazione la loro collezione per renderla fruibile agli appassionati e metterla al servizio della vita sociale della loro comunità di Trani. E’ lei la presidente della Fondazione SECA che gestisce il Museo delle Macchine per Scrivere.
La Fondazione SECA e il Museo delle macchine da scrivere
SECA si intreccia nella vita di Natalino in molti modi. Aveva impegnato diverso tempo a creare un acronimo per la sua impresa e “Servizi Elettronici per la Contabilità Aziendale” che gli sembrava il giusto equilibrio professionale. Ma non poteva essere il nome della Fondazione.
SECA diventa "Scripturae Evolutio Cum Arte" (L'evoluzione della scrittura con arte) e la fondazione crea il Museo della Macchina per scrivere e prende in carico il Museo Diocesiano e il Museo della Sinagoga di Sant’Anna in un edificio proprio nella piazza di fronte alla incredibile Cattedrale di Trani. Con una tale vista sul mare da dare la sensazione di essere su una barca.
Già prima della sua apertura, il passa parola ha raggiunto i maggiori editori italiani e la presidente del Parlamento italiano che sono venuti a visitarlo. Ma la magia che si trova non è descrivibile dal lungo elenco di macchine esposte. Si può restare sorpresi dalla evoluzione ingegneristica della parte tecnica, dalla ‘storia di costume’ della sua immediata connessione con il mondo femminile, della arguzia delle apparecchiature militari o dei giochi per bambini. Si può restare stupiti di fronte ad una macchina con carrello al contrario per gli arabi e gli ebrei o alla complessità di una giapponese.
Si può restare stupiti di fronte a quella di Jan Fleming (James Bond) o a quella nazista. Si può contrapporre il pragmatismo delle macchine americane con la solidità di quelle tedesche ed infine con il design italiano. Si può leggere il museo in tanti modi ma quello che è certo è che vi si può leggere una parte della storia dell’uomo in una chiave originale.
Ho avuto la fortuna di visitarlo con Natalino e sono rimasta ammutolita non tanto dalle storie che mi raccontava su ogni macchina (ognuna era la “sua preferita”) ma dall’amore che trasmetteva. L’amore di un fanciullo che condivide i suoi giocattoli con gli amici per poter essere felici tutti insieme e trascorrere del “tempo lieve”. Ed il tempo è letteralmente volato!
Oltre la macchina da scrivere, lo spirito della comunità di Olivetti
Un museo del genere è destinato ad attrarre anche molti giornalisti e scrittori. Ognuno di noi che ha la passione delle lettere ha iniziato su una macchina da scrivere e trovarle significa ritrovare una parte di noi stessi. Così un Museo delle Macchine per scrivere coniuga immediatamente spirito tecnologico, imprenditoriale, umanistico e si presta ad essere un centro di cultura nel senso più bello e allargato del termine.
Il primo piano del museo è un luogo di incontro e creatività a servizio della città dove si alternano già concerti, convegni, incontri con scrittori e artisti. Siamo in inverno, con il museo non ancora ufficialmente inaugurato e già si succedono eventi di ogni tipo che lo trasformano in un centro della comunità di Trani. E uso il termine comunità nel senso profondo che Adriano Olivetti ha dato a questa parola e che Natalino ha fatto proprio realizzando qualcosa a servizio della sua comunità.
“Il Museo è solo l’inizio di un nuovo cammino. Ho concluso la mia sfida di realizzare una delle collezioni più complete al mondo ed è nata quella di renderlo vivo e pulsante per condividere con la mia città momenti di piacere attraverso la cultura. Ora devo seguire Adriano nel suo spirito più profondo!”
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