Rieti si ritrova sparsa intorno alla via Salaria, la vecchia ‘Via del Sale’ romana, adagiata su una bassa collina a nord est della città eterna.
Sebbene la città originaria risalga a quasi 3000 anni fa, e abbia iniziato a vivere con l'età del ferro, oggi è una città di medie dimensioni, di quasi 50.000 persone, ed è la capitale della Sabina nella regione Lazio. Un nome che rimanda al ruolo delle donne Sabine nel processo di pace tra i Sabini e i Romani.
La storia durante l'epoca romana non è ben documentata in archeologia, ma la città è stata oggetto di molte ‘distonie’ nel corso dei secoli, essendo stata saccheggiata praticamente da tutti i barbari con l’ambizione di conquistare il territorio italiano.
Quando si arriva a Rieti da Roma, il principale punto d'ingresso è proprio Porta Romana con l’inizio di Via Roma che subito attraversa il Velino sul posto del famoso ponte romano, mentre in primavera le limpide acque del fiume scorrono rapidamente a valle dai picchi innevati dell'Appennino in lontananza.
Se si guarda la vita solo con la prospettiva delle grandi anatre, circa 20 delle quali vivono su entrambi i lati del ponte, si potrebbe essere ingannati e credere che il fiume sia in bonaccia in quanto le anatre rimangono relativamente immobili nel flusso, aspettando l'arrivo di un bocconcino o due, ma questo dimostra solo i vantaggi del duro lavoro dei palmipedi sotto la superficie dell’acqua.
Ci viene ricordato che Rieti è una città di chiese, così iniziamo la nostra ricerca salendo su per via Roma verso il centro della città vecchia. Circa a metà strada sulla destra, troviamo un vecchio arco con un portone di chiesa e un piccolo rosone. Entrando non ci si trova in un posto di culto ma in una piccola libreria magica, convertita da una delle tante chiese di Rieti.
Questa chiesa era dedicata a San Pietro, ma ora, assieme ad una selezione di libri, promuove testi su Rieti e sulle gioie del luogo per tutte le età. Molti libri sono stati scritti dall'autrice locale Rita Giovanelli. Anche se vorrei citare per gli amanti dei libri per bambini che ho scorto copie della versione ‘pop up’ del Piccolo Principe.
Non trovando un bar, siamo arrivati in una piazza (Vittorio Emanuele II ovviamente) racchiusa da edifici e palazzi di diverse epoche. Molti degli edifici sottolineano il loro ruolo governativo e la loro autorità attraverso le bandiere italiane ed europee e, più occasionalmente, bandiere regionali o locali. Nel mezzo della piazza si trova una fontana senza identificazione, apparentemente nota come Fontana dei Delfini, comprendente una figura centrale contornata da 4 busti in diversi stati di riparazione.
Appena fuori la piazza si scorge l'elegante facciata della sede delle Poste e Telegrafi. I due edifici di fronte sono il Municipio e forse la Provincia, mentre il Palazzo del Governo sta dall’altra parte della piazza. Tra gli edifici governativi c'è il classico Grand Hotel Quattro Stagioni, con il suo bar alla moda, e subito lo proviamo per godere di un caffè lungo con cornetto prima di indagare la intrigante cattedrale in fondo alla strada.
È stato a questo punto che guardando giù per le strade ai lati della fontana, ho avuto la strana sensazione che questa piazza ben strutturata di una città 'ideale' fosse solo il set di un film italiano. Era talmente perfetta che sembrava che non ci fosse nient'altro dietro le facciate. Un altro punto che rafforzava questo mio sogno visivo, era l'apparente disinteresse della città verso le esigenze dei turisti per il loro ‘sollievo regolare’. Forse avrebbe danneggiato l'immagine altrimenti eccezionale che dona la piazza.
Per vedere la cattedrale bisogna cercare dietro l'hotel perché solo il Palazzo Papale si intravede dalla piazza. Come in molte chiese più vecchie dell’XI secolo, era evidente che il campanile in origine era stata una costruzione separata dalla cattedrale a cui è stato unito in una ristrutturazione successiva.
Entrare nella cattedrale mi ha subito calmato, la pace che emana questo meraviglioso luogo di culto è più che impressionante. C'erano solo pochi visitatori e non c'era nessun rumore. Poche delle caratteristiche principali possono essere efficacemente descritte. Le navate laterali portano a cappelle dedicate, come ci si aspetterebbe, a Santa Barbara, alla crocifissione, a San Giovanni e, tra gli altri, ovviamente, a San Rocco.
Ho notato che la statua di San Rocco era senza il suo cane che, magari in quel momento era andato come consuetudine a procurarsi il pane in città. Per fortuna una delle altre quattro immagini di San Rocco nella cappella aveva il cane fedele al piede destro del padrone per ricordare ai fedeli l'importanza del ruolo del cane nella lotta alla peste.
La cattedrale è benedetta da due organi a canne, ai lati dell'altare al piano superiore. Su di un lato, alcune scale conducono alla cripta rinnovata che corre per tutta la larghezza della chiesa sotto l'altare. A sinistra dell'altare si può trovare un momento per pregare prima di una passeggiata lenta alla fine della chiesa per una ultima vista all'abside prima di avventurarsi di nuovo nel mondo irreale.
Naturalmente c'è molto altro da vedere nella città vecchia per quelli che vanno dietro le facciate delle scene. In aggiunta ci sono alcuni edifici, come il teatro a cupola che si ammirano solo da lontano. Infine, per chi cerca l'insolito, si prega di cercare la lapide dove si riporta che Enrico Caruso ha riposato per 45 giorni.
In piedi sul ponte a guardare il flusso del Velino è un ottimo modo per terminare la prima visita a Rieti.
Rieti sulla vecchia Via del Sale
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