Vino e cibo rappresentano l’identità di un territorio: pensiamo un luogo e subito ci vengono in mente i piatti che abbiamo assaggiato o che vorremo assaggiare.
Quando vengono i miei amici a trovarmi a Paliano nell’Alta Ciociaria il primo incontro è con il vino Cesanese, poi con il primo sale del mio vicino Nicola Gattu condito con olio rosciola e una spolverata di Za’tar fatto con le nostre erbe.
Mi mancava un piatto da presentare che potessi accompagnare con il racconto delle nostre radici e ieri finalmente ho chiuso il cerchio.
Grazie al visionario Nino Borgia, la Strada del Cesanese e l’ISALM (Istituto di Storia dell'Arte del Lazio Meridionale) hanno fatto una ricerca sulle ricette raccontate negli archivi religiosi dell’Abbazia di S. Scolastica a Subiaco, quelli diocesani di Alatri, Anagni e Segni, qualche archivio parrocchiale, e negli Archivi di Stato di Frosinone e Roma (oltre a diversi archivi privati).
Il risultato è stato un interessantissimo convegno e un pranzo raffinatissimo che mi ha riportato ai sapori di quando ero bambina. Ma prima di raccontarvi il menù mi piace dire due parole su almeno tre dei relatori, quelli più appassionati perché visceralmente legati alla Ciociaria.

i tre relatori della giornata
Il primo è Salvatore Tassa che ha toccato il cuore di tutti. Salvatore è un poeta nell’uso delle parole ma soprattutto ha dimostrato il suo amore per la Ciociaria in tutta la cucina della sua vita. Sono 28 anni che Colline Ciociare ha una stella Michelin con menù sempre e solo legati al territorio e la sua cipolla è diventata un piatto iconico della cucina italiana.
Avevo iniziato a vivere con mio marito ad Acuto e mi ricordo quando, all’inizio della sua storia, Salvatore aveva iniziato a lavorare al ristorante con sua mamma (un dolce pensiero a lei) e andava tutte le mattine nei boschi e nei campi a cercare erbe ed ispirazione.
Un grandissimo della cucina e un patrimonio dell’umanità della Ciociaria.
Una seconda menzione a Gioacchino Giammaria che da anni raccoglie e documenta la nostra storia, che poi sono le nostre radici. Sono stata più volta ai loro incontri annuali e ho alcune delle loro pubblicazioni su aspetti della vita quotidiana del passato che sono vere e proprie scoperte. E tutti gli amici che con le loro ricerche hanno contribuito alle pubblicazioni dell’ISAM (anche con un solo articolo) sono fieri e pieni di orgoglio per aver omaggiato il valore della storia dei loro antenati.
La terza persona è un outsider, ma come sempre serve un occhio che ti guarda dall’esterno per farti capire il valore dei tuoi gioielli: Ernesto Di Renzo, un antropologo del gusto all'Università di Tor Vergata. Eravamo stati insieme al Tavolo del Piano del Turismo di Roma, prima che il COVID cambiasse tutte le dinamiche sociali e turistiche, ed ho riconosciuto immediatamente il suo sorriso e il suo modo ammaliante di parlare. Lo starei a sentire per ore senza mai annoiarmi.

“Se ti dicessi dove si trova Radda sai rispondermi? Ma se ti dicessi Magliano? E Medea? Forse non sapete dove si trovano, ma sicuramente conoscete il Chianti, il Salento e il Collio. Quando si lavora bene, il valore del brand di un territorio è maggiore della somma dei brand dei singoli comuni. E voi in Ciociaria siete fortunati perché avete un territorio che è già un brand. La Ciociaria conosciuta e collegata ai valori positivi della ruralità e della vita autentica.”
Queste parole del prof. Ernesto Di Renzo sono arrivate come una sferzata ed hanno ammutolito tutti, ma hanno anche dato una positiva nota di orgoglio. Noi siamo in Alta Ciociaria, alcuni la amano chiamare la Ciociaria papalina per differenziarsi da quella borbonica del sud, ma siamo in un territorio di persone autentiche e raffinate.
I nostri vini che fino a una ventina di anni fa venivano chiamati romanelle, oggi hanno raggiunto livelli altissimi. Il Cesanese e l’Ottonese nella zona dell’Alta Ciociaria, ma anche il Cabernet, il Maturano e il Pampanaro nella Bassa Ciociaria oggi vincono premi internazionali.
Alcune delle nostre cantine già competono per design architettonico e per accoglienza con quelle di tutto il mondo ed altre stanno arrivando sulla scena.
E presto arriveremo anche noi con Donna Vittori, aspettate ancora qualche mese!
Mancava una identità ‘nobile’ che non fossero solo i piatti della cucina quotidiana popolare, e finalmente la Strada del Cesanese ha fatto questa bellissima ricerca ed ha pubblicato un libro che è scaricabile dal loro sito (www.lastradadelvinocesanese.it).
Forse è meglio usare il termine cucina ecclesiastica non solo perché viene dagli archivi religiosi ma anche perché questa terra ha dato i natali a molti Papi ed il nostro territorio era parte dello Stato Pontificio che nominava le famiglie feudatarie che ci governavano.
Il menù che abbiamo degustato nelle splendide sale dell’istituto Alberghiero di Fiuggi, un vero gioiello architettonico e una scuola sempre attenta alla valorizzazione del territorio, era composto da ravioli alla genovese, maccheroni con rigaglie, pollo ripieno, pesce al tegame, copeta, mele cotte alla Delfina ed infine il rosolio.
Ora smetto di scrivere perché avrei ancora tante cose da raccontare e vi assicuro che non riprenderemo le storie di questa ricerca. Alcuni dei piatti mi hanno riportato indietro e nel tempo, soprattutto il rosolio che mi ha ricordato i profumi di mia zia Vittoria, sorella di mio nonno, che aveva aperto la prima sanitaria di Colleferro. Il suo negozio profumava di fiori ed erbe.
A presto.
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