
La cosa più inusuale che mi è successa da quando è andata in onda la puntata di ‘My name is Maria’ con Jennie Kim è stata la finestra sul mondo dei giovani asiatici.
Per qualche settimana mi sono sentita una star e sono stata invasa da centinaia di messaggi, molti mi hanno ringraziato di come mi sono presa cura di Jennie come una madre (e mi sentivo veramente di dover proteggere questa bellissima e giovanissima donna). Ma molti altri mi hanno iniziato a fare domande sul nostro stile di vita italiano così diverso da come lo avevano visto rappresentato all’estero.
È un po’ come quando siamo abituate a mangiare la cucina cinese nei ristoranti italiani e poi ci ritroviamo a mangiarla in un ristorante di Pechino: quasi facciamo fatica a riconoscere i sapori e raramente troviamo i piatti che siamo soliti mangiare in Italia.
Così all’estero conoscono la pizza, gli ‘spaghetti bolognaise’, la ‘carbonara’ o le ‘fettuccine all’Alfredo’ che da noi sono sconosciute o sono fatte in modo totalmente diverso.
Un ragazzo dall’Australia mi ha detto di voler venire a visitare l’Italia per assaggiare i veri sapori che aveva visto nelle puntate: “noi siamo abituati a prendere delle pizze che sono farcite con tantissimi prodotti e abbiamo visto che invece a voi piacciono le cose semplici. Voglio provare queste sensazioni”.

Penso che quello che distingue la cucina Italiana sia proprio l’esaltazione dei singoli prodotti che però hanno bisogno di essere realmente e naturalmente di ottima qualità. Noi italiani siamo abituati a fare anche decine di chilometri per provare un certo formaggio che è fatto solo da animali che pascolano in alcuni specifici prati.
Siamo capaci a distinguere i sapori di prodotti che vengono da un campo e un altro e a valorizzare tantissime varietà diverse.
Per esempio, quanti di voi sanno che abbiamo circa 5.000 varietà di mele? Ora se andiamo in un supermercato ne troviamo sempre una decina (le stesse ovunque), ma se andiamo nei mercati contadini o negli agriturismi ne possiamo trovare tante altre varietà spesso molto più saporite (ma magari più bruttine all’apparenza).
Oppure cosa dire delle circa 2.000 varietà di grani antichi che si coltivavano in Italia? I grani antichi hanno minore quantità di glutine e sono molto più ricchi di vitamine. Ma soprattutto, ogni grano ha un suo sapore differente. Per questo a Donna Vittori (www.donnavittori.com ) abbiamo deciso di coltivare 3 tipi di grano (grano duro Cappelli, grano tenero Autonomia B e farro spelta) e di utilizzarli per la nostra pasta o le esperienze di preparazione di pizza che ha fatto anche Jennie nell’ultima puntata.
Se venite in Italia, troverete che siamo molto più attratti da una fettina di pane fatto con grani antichi, condita con pomodorini di campo appena raccolti, basilico, sale e un filo di olio EVO della cultivar del territorio. A questa combinazione di profumi e di sapori, che in ogni paese viene chiamata in modo diverso (e abbiamo scritto un articolo che potete leggere qui https://www.discoverplaces.travel/it/racconti/cibo-e-vino/ricette/tutti-pazzi-per-pane-e-pomodoro-con-gin-tonic) vengono dedicati pranzi e addirittura molte sagre di paese.
In Italia “Less is more! “, vi aspettiamo.

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