

L’area era abitata sin dall’epoca degli Ernici e dei Romani probabilmente proprio per la sua posizione di controllo di due vallate: Alatri e Fiuggi. Abbiamo importanti tracce romane sia in Ville che nei resti di acquedotti alimentati dal fiume Cosa che nasce nella vicina Guarcino.
Il nome Vico fino deriva dal latino Vicus, ‘gruppo di case prossimo alla città’ o ‘villaggio’.
L’acquedotto di Betileno Varo, un nobile romano di Alatri del II secolo AC, portava l’acqua ad Alatri e aveva delle camere di decompressione a Vico. Dobbiamo ricordare che i romani usavano acqua a pelo libero o condotte di piombo che non sopportavano grandi pressione. Per questo dovevano realizzare cisterne alcune delle quali erano poi utilizzate anche come fontane e fontanili.
Una interessante cisterna dell’acquedotto dell’Olmo, sempre del II secolo AC è visibile dietro la Fontana Vecchia.
Si trasforma nel VI secolo DC, quando il re dei Goti Teodorico II cambia l’assetto del territorio cedendo terreni ai pastori nomadi.
Il primo documento scritto risale al 1005 ed è proprio la donazione che la comunità di Vico fa a San Domenico del bosco Ecio dove poi costruirà il monastero di San Bartolomeo. San Domenico aveva vissuto per un periodo a Vico nel Lazio proprio in una grotta nel bosco Ecio in prossimità di un ruscello. Il monastero è il primo nucleo della famosa Certosa di Trisulti data ai Certosini da papa Innocenzo III per contrastare il potere crescente dei cistercensi nella zona.
Un secondo documento del 1061 riporta ancora di un’altra donazione di un privato, con il consenso della moglie, sempre ai monaci di San Domenico da Sora.
Per gran parte del Medioevo è stata sotto l’autorità pontificia, anche se godeva di ampia autonomia.
Gli statuti del comune di Vico nel Lazio erano già presenti nel 1263 e regolavano tutta la vita della comunità. Ad esempio si faceva divieto di vendere il vino fuori città prima di luglio perché doveva servire prima alle necessità dei residenti.
Nel XIII secolo venne assoggettata da Alatri e nel 1427 fu assegnata ad Antonio Colonna per volere di suo zio papa Martino V.
Vico era a confine fra lo Stato Pontificio e il Regno Borbonico ed era attraversato dalla via Marsicana lungo la quale passavano commerci e idee. Nei boschi si possono trovare 11 cippi di confine messi proprio per porre fine a dispute fra pastori.
Questo centro ha visto una grande emigrazione alla fine dell’Ottocento.
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